martedì 14 dicembre 2010

"Il riccio" di Mona Achache.

"A quanto pare, ogni tanto gli adulti si prendono una pausa 
per sedersi a contemplare il disastro della loro vita. 
Allora si lamentano senza capire e, 
come mosche che sbattono sempre contro lo stesso vetro, 
si agitano, soffrono, deperiscono, si deprimono e si chiedono 
 quale meccanismo li abbia portati dove non volevano andare". 
Palomas intervista scherzosamente Renée.
-Frame-

Le Hérisson, è un film del 2009, conosciuto in italia col titolo: Il riccio, è la prima opera come regista per Mona Achache, ed è l'adattamento del romanzo di Muriel Barbery L'eleganza del riccio, un caso letterario non solo in Francia. 

La scrittrice però ha preso le distanze dal film che a suo avviso si allontana troppo dal libro. A me il film è piaciuto molto ...più del libro, temo. Sobrio, "elegante", come la parola decurtata dal titolo ("Perché è così che lo chiamano i suoi cultori" dichiara la regista per giustificare la sua scelta). Elegante e bellissima è la colonna sonora.
L'ambiente è Parigi, lo è quasi sempre nei film francesi, ma in questo caso,  non la vediamo quasi mai, ovvero, non vediamo i luoghi o i simboli che rendono la capitale riconoscibile. Gran parte del film si svolge in luoghi chiusi che contribuiscono a caratterizzare l'interiorità dei personaggi. 

Un film pieno di stanze, come il mio blog, stanze borghesi: la casa di Paloma, "Orientali": la casa di Kakuro, proletarie: la portineria, e stanze "Letterarie" , da cui la mia particolare affinità con Renée. Paloma è il perno attorno al quale  ruota la storia. La ragazzina vede nella portinaia, un importante punto di riferimento, un faro. Trovo bellissima la descrizione di queste due donne, una giovanissima, l'altra matura, entrambe fragili, disilluse e definitive, ma per motivi diversi. La loro unione, che è quella dell'amicizia, sembra dare un senso ad entrambe.
Mi sembra inoltre che i francesi abbiano un modo tutto loro di raccontare il rapporto fra ragazzi e adulti.  (Vigo, Truffaut e tanti altri...)

Tornando al Riccio, tre sono i personaggi chiave del film:

Renée (Josiane Balasko) è una portinaia scorbutica, trasandata, il contrario del canonico bello. Si finge zoticona per evitare rapporti col mondo circostante, che in lei vede solo una portinaia, dunque un mestiere umile fatto di relativi clichés ("non fare uscire il gatto, non far entrare la portiera" dice Paloma quando sua madre chiude la porta spingendosi fuori con Renée e rimandando dentro il gatto)
Renée possiede una stanza segreta piena di libri, un nascondiglio.  Legge molto, e in quei momenti ama sgranocchiare cioccolato fondente. Nel libro ci è detto che la donna è autodidatta e come tutti gli autodidatti (penso ancora a Truffaut, e molto più modestamente, a me medesima) passa dal delirio al senso di impotenza (Ho aggiunto la citazione del passo in fondo a questa nota)


Renée ha appena rifiutato l'invito a cena di Kakuro. Piange, non sa perché l'ha  fatto, e Paloma l'abbraccia, in una delle scene più tenere del film. Le sue lacrime sembrano sciogliere il muro che per anni l'ha tenuta fuori dalla vita.

Paloma, che si legge con l'accento sulla "a" perché è Francese, è interpretata dalla giovane e talentuosa Garance de Guillermic. Si tratta di  un'adolescente di natura problematica che vive in una famiglia alto borghese, intellettualmente piatta. Il suo destino è la ricchezza, ma lei vede negli adulti che la circondano la proiezione di un grigio futuro. Li considera pesci in una boccia e siccome non vuole ridursi come loro, decide che, compiuto il dodicesimo anno di età si suiciderà. Ragazzina sopra le righe, Paloma è appassionata di cultura e lingua giapponese. E' abilissima nel disegno e nel pensiero, per cui, nonostante la decisione presa, non intende passare il resto del tempo che le rimane a non fare nulla, al contrario, si diletta nella regia dell'ultimo mese della sua vita. La sua ambizione è realizzare un film che possa dimostrare perché l'esistenza è assurda. La vediamo spesso, soprattutto all'inizio, mentre si aggiusta gli occhiali, che le si impigliano di continuo fra i capelli ricci. Mi ricorda Truffaut e la costante con cui nei suoi film, le donne si sistemano gli occhiali, un gesto che rimanda, mi sembra, alla difficoltà da parte del personaggio di vedere realmente le cose per quel che sono -Kate, nella scena allo chalet per esempio- ma l'espediente compare in molti suoi film.


Il muro è rotto. Renée ride serena per la prima volta dopo anni. Sono le sue ultime ore di vita, ma non può saperlo. Penso a quella massima "La vita è ciò che ti accade fra un progetto e l'altro"

Kakuro Ozu (Togo Igawa) è ai miei occhi una figura dal fascino irresistibile. Incarna un oriente lontano e culturalmente intrigante. Un tipo di umanità che oggi sembra svanita. E' un uomo mite, colto, gentilissimo ma non pacchiano, mai scontato. I suoi occhi dolci e singolarmente espressivi sanno vedere le persone che si nascondono dentro alla macchina sociale. E' il solo, con Paloma a capire che dietro al riccio, cioè Renée,  si nasconde una figura elegante e raffinata.
E' a lui e alla piccola amica, che Renée deve il suo risveglio dopo anni di apatia, trascorsi a vivere nascosta, senza mai esporsi e provare  emozioni che non fossero quelle rubate dai libri, dunque vissute solo a livello celebrale. Emozioni altrui, non proprie. Nell'atto di specchiarsi, di tagliare i capelli, di curarsi del suo aspetto, la donna  avvia un meccanismo di rinascita che le accade suo malgrado. La sua data di morte combacia col più felice dei suoi giorni, cioè quello in cui, come afferma Paloma "Era pronta ad amare".

Per lo spettatore il finale è quasi insopportabile. Siamo abituati a centinaia di happy ending in ogni forma e salsa e quella scena così reale, verosimile, è quasi inaccettabile. Il mondo va come va. "Precario", "instabile" sono gli l'aggettivi che ci rappresenteranno sui libri di storia fra qualche tempo, si ha quindi bisogno, almeno al cinema, di un finale positivo, pena la banalità. Renée muore investita da un mezzo. Ha ancora l'abito che  le ha regalato Kakuro, ha ancora il sapore di quella frase in bocca di Anna Karenina:
"Tutte le famiglie felici si assomigliano, ma quelle infelici lo sono ciascuna a  modo suo"

Queste le ultime parole di Renée:
" Come si decide il valore di una vita? Paloma che la tua sia all'altezza di quello che prometti" 
Queste le ultime parole di Paloma:
"Allora è così? di colpo tutto si ferma? è questo morire? non rivedrete più quelli che amate, non rivedrete più quelli che vi amano? Se è questo morire è proprio la tragedia che dicono.... Quello che conta non è morire, ma quello che si fa nel momento in cui si muore. Renée, lei che cosa faceva al momento di morire? Era pronta ad amare"

🔍🐭🔍
Trailer del film, via you tube, sperando non venga cancellato. 
Trailer in Francese. Come sopra...


📑📗
Due estratti dal libro:
(Paloma)
Pensiero profondo n°1

Sogni le stelle
Nella boccia dei pesci
Rossi finisci.

A quanto pare, ogni tanto gli adulti si prendono una pausa per sedersi a contemplare il disastro della loro vita. Allora si lamentano senza capire e, come mosche che sbattono sempre contro lo stesso vetro, si agitano, soffrono, deperiscono, si deprimono e si chiedono quale meccanismo li abbia portati dove non volevano andare. Per i più intelligenti diventa perfino una religione: Ah! Spregevole vacuità dell’ esistenza borghese! Alcuni cinici di questo tipo, cenano alla tavola di papà: “cosa ne è stato dei nostri sogni di gioventù?” si domandano con aria disincantata e soddisfatta. “sono volati via, e la vita è proprio bastarda” Non sopporto questa falsa lucidità dell’età matura. La verità è che sono come tutti gli altri, ragazzini che non capiscono cosa sia successo e che giocano a fare i duri mentre avrebbero voglia di piangere. Eppure non è così difficile da capire. Il problema è che i bambini credono ai discorsi dei grandi, e una volta grandi, si vendicano ingannando a loro volta i figli. “La vità ha un senso e sono gli adulti a custodirlo” è la bugia universale cui tutti sono costretti a credere. Da adulti, quando capiamo che non è vero, ormai è troppo tardi. Il mistero rimane, ma tutta l’energia disponibile è andata da tempo sprecata in stupide attività. Non resta che cercare di anestetizzarsi, nascondendo il fatto che non riusciamo a dare un senso alla nostra vita e ingannando i nostri figli per cercare di convincere meglio noi stessi. La mia famiglia frequenta tutte persone che hanno seguito lo stesso percorso: una gioventù passata a cercare di mettere a frutto la propria intelligenza, e spremere come un limone i propri studi e ad assicurarsi una posizione al vertice, e poi tutta una vita a chiedersi sbalorditi perché tali speranze siano sfociate in un’esistenza così vana. La gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia. Mi chiedo se non sarebbe più semplice insegnare fin da subito ai bambini che la vita è assurda. Questo toglierebbe all’infanzia alcuni momenti felici, ma farebbe guadagnare un bel po’ di tempo all’adulto –senza contare che si eviterebbe almeno un trauma, quello della boccia.


(Renée)
Rifiutando lo scontro.

Ho letto tanti libri...
Eppure, come tutti gli autodidatti, non sono mai sicura di quello che ho capito. Un giorno mi sembra di abbracciare con un solo sguardo la totalità del sapere, come se all’improvviso invisibili ramificazioni nascessero, e intrecciassero fra loro tutte le mie letture sparse – poi subito il senso scivola via, l’essenziale mi sfugge, e per quanto rilegga le stesse righe ogni volta mi appaiono più inafferrabili, mentre io mi vedo come una vecchia pazza che crede di avere la pancia piena solo perché ha letto il menu. Pare che questa compresenza di talento e cecità sia il tratto distintivo dell’autodidatta. Pur privando il soggetto della guida sicura che ogni buona formazione fornisce, gli dona tuttavia libertà e capacità di sintesi del pensiero, laddove i discorsi ufficiali frappongono barriere e vietano l’avventura.

Paloma
Ultimo pensiero profondo
Ma cosa fare
dinanzi a un mai più
se non cercare
ininterrottamente
nelle furtive note?

Madame Michelle è morta stamattina. E' stata investita dal camioncino di una tintoria... non riesco a credere che sto scrivendo queste parole. ...
Kakuro ha suonato da noi verso le undici. Ha chiesto di me, poi mi ha preso la mano e mi ha detto: "Non c'è alcun modo per sottrarti a questo dolore, Paloma, allora te lo dico così come è successo: poco fa verso le nove Renée ha avuto un incidente. Un incidente molto grave. E' morta. ...
Per la prima volta nella mia vita ho sperimentato il senso delle parole mai più. Beh é una cosa terribile.
...
Non preoccuparti Renée, non mi suiciderò e non darò fuoco proprio a un bel niente. Perché d'ora in poi, per te, andrò alla ricerca dei sempre nel mai. La bellezza, qui, in questo mondo.


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