martedì 1 novembre 2011

La cosa che non posso

1/11/2011
Letto e parlato.  Riflessioni personali sul concetto di limite e muro, passando per fatti di cronaca. 
Dipinto  di Roberto Faiola.
Musica:  Endorphin - Bastille 7
Una strana ostinazione mi porta a sfidare i miei limiti di dizione, perché penso che prima o poi  la spunto, nel frattempo mi scuso, ma è una tentazione a cui ultimamente non resisto, forse perché davvero mi costa fatica ed un discreto imbarazzo, da cui la necessità di esporsi e provare a superarsi. 

Roberto  Faiola  

La cosa che non posso, è una strana abitudine con cui mi sveglio ogni mattina. Io e le news, raccontate con atona nonchalance dalla radiosveglia. Come una parata, mi entrano nelle orecchie assonnate,
accenni di crisi politico-economica, sociale, esistenziale, climatico-ambientale; catastrofi petrolifere, quindi acquifere, dunque economiche, di conseguenza politiche, con ovvie ripercussioni sulla cronaca nera, no, sull'esistenza del sistema.
La crisi.
Oggi non sei nessuno se non ti senti in crisi almeno una volta al giorno.
La crisi e la cronaca nera. 
Oggi non sei nessuno se non conosci almeno un fatto di cronaca nera. Meredith e Scazzi vari, passando per Cogne, che è cronaca d’altri tempi, ma pur sempre cronaca è. Infanticidi, criminicidi vari, almeno uno al giorno, pescato fra mille, tanto per enfatizzare il necessario pauricidio, insomma, un tipico giorno di cronaca italiana. Non resta che svegliarsi. Possibilmente di malumore. In malo modo. Da lì a qualche minuto, giusto il tempo di sedermi sul letto, ed ecco che la vedo arrivare, la cosa che non posso.
Mi guardo attorno per capire. Cerco di capire come vestirmi, cerco di distrarmi, lei intanto, attraversa le pareti, volteggia nell’aria sfottendo l’Araba Fenice che, al solito, brucia sotto le ceneri ardenti, finché all’improvviso mi si adagia addosso ormai trasformata in quintali di gelido peso.

La cosa che davvero non posso è la colazione. Svegliarsi, lavarsi i denti e poi… mangiare. E’assurdo, mi ripeto ogni volta, ma è per il metabolismo. Senza masticare non si avvia, altrettanto vero che se mastico troppo durante il giorno, ingrasso.

-Del mancato equilibrio-
Gilbert Garcin.
Tutto o niente” lo chiamano loro, i dottori, che dopo anni di studio, mi conoscono meglio di quanto io possa anche solo sospettare. Parlano in seguito a studi specifici, che poi sono la somma di casi specifici, che insieme compongono percentuali, dati statistici, altra cosa che non posso. Mi piace camminare a piedi la mattina, mi piace capire se mi riconosco nel volto di qualche passante. I più sembrano sapere con esattezza dove stanno andando. Dinamici, più o meno assonnati, comunque in linea di partenza, tutti apparecchiati per il giorno che li aspetta. Si sono svegliati al primo beep, si sono lavati i denti, come ogni mattina, poi hanno fatto colazione -non tutti, immagino- Si sono buttati veloci in macchina, parcheggiando i figli -chi li hae correndo meno -chi non li haPoi via al lavoro, più o meno precario, per ingrassare pance più o meno gonfie, in cambio di uno stipendio più o meno misero, da investire in cose ovvie, a volte banali, dunque assolutamente necessarie.

La cosa che non posso, è il cinismo.Mi calza troppo bene per non farne un look che mi distingua, ma è pericoloso. Il cinico ha spesso mal di bile, e se anche ride, ride amaro, dunque non conviene.
Quella vecchia per esempio, zoppa, un po’ gobba, capelli di un bianco ingiallito, francamente orribile. Ogni suo passo mi prude sulla pelle. Attraversa i miei occhi come la scena ralenty di un brutto film. E’ stanca, lenta, e morbosamente affascinante per la cinica che vive in me. Il solo fatto che esista, ruba tutta la concentrazione di cui dispongo quel giorno.

Eccolo là, il futuro che tutti si affannano a costruire, dico alla mia amica più giovane di dieci anni e più graziosa di svariate unità. Questo semplice dato cronologico la trasforma in un involontario baricentro fra me e la vecchia. Lei sta nel mezzo e da lì, smarrita, mi guarda. Non ha più niente da ridere, ha perso il filo del discorso. Sento che ho toccato corde sensibili su di lei. Quasi le spunta una ruga. Ora ha fretta, deve correre a fare qualcosa.

–Carpe diem prima che diem carpa a te- recitava il datato slogan pubblicitario. Le è venuta fretta, e fa bene. Dovrebbe averne un po’ ogni giorno.Tutti dovremmo. Ma è anche vero, che la vecchia, ancora in affanno per il faticoso vagare, quella che si contorce per salire quelle cazzo di scale sotto i miei occhi cinici e indifferenti, anche lei deve aver pensato qualcosa di simile quando era il tempo di farlo, e i vecchi erano gli altri. Avere fretta non le ha impedito in alcun modo di offendere la propria esistenza per ridursi in quello stato che è il dimenticato ricordo della pelle fresca e giovane che fu un tempo anche la sua.
“Chissà che crema antirughe usava? mi chiedo mentre ingoio un caffè al ginseng bollente e intriso di gocce di veleno che mi colano ritmicamente fra i denti a causa dell’inguaribile cinismo che mi vive dentro. Per altro, mi piacerebbe capirla un po’ meglio questa nuova mania per il ginseng, una roba dal gusto melenso, ottenuto da un mischiume di sostanze mai definite. Perché dunque, caffè?

La cosa che non posso sta in quello che vedo. Sono solo due occhi quei fari che stanno di là dal muro. Ne ho due anch'io, non può essere un fatto così strepitoso, e invece si, è un bel regalo perché mi stanno guardano proprio adesso. Non parlo certo della vecchia, ma di altri occhi che mi guardano splendenti, e scavano, entrano, leggono, e a momenti rompono il muro. Anni di fatica per abituarsi al cinismo e ora è tutto è in pericolo. Mi guardano a un passo dal mio naso. Per questo mi sento costretta, scomoda, contratta, che è in assoluto la cosa che non posso, e che voglio meno.
Non c’è traccia di promessa, tutt'altro. Niente contratti o investimenti né la prospettiva di eventuali spartizioni. Niente di niente. Solo due occhi che mi guardano e mi fanno tremare, perché capisco che anche solo guardarli, è una cosa che non posso, giacché basta niente per cadere a terra e rompersi tutto il rompibile. Sono caduta infatti.
-Ironia-
l’osso si è rotto.

Frans Van Der Veenhttp://greamersworld.wordpress.com/edward-penkov/exlibris-2/

Caduta davanti ad occhi freddi, secolari e da sempre molto duri, indifferenti come fossero mattoni rinascimentali coperti d’intonaco bianco. E se è vero che quando cadi devi pur mettere in conto che prima o poi ti rialzerai, io non posso più farlo -cadere intendo- perché cadere abbiamo detto, rompe le ossa, soprattutto se si cade a terra. Non posso neppure ignorarli però, questi occhi che mi guardano, che sono tutto quel che mi rimane. Non posso niente se non pensare e sperare che per questi occhi, solo per loro, tutto si possa, almeno, fra un cinismo e l’altro.

Luisa.

2 commenti:

  1. penso che mantenersi cinici sia un esercizio oggi necessario, il resto lo lasciamo ai giovanissimi che hanno pur il loro diritto di sperare (in attesa che entrino anch'essi nel club). bel post ispirato, complimenti, le tue 8000 visite te le sei meritate tutte.. :)
    o.

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  2. Tutto questo l'hai pensato prima che postassi il video in cui mi ostino nella cosa che posso meno di tutte le altre: Prestare la mia voce a quello che scrivo (...io o chiunque altro), ma come diceva Carmelo Bene "è facile e inutile porsi compiti difficili, fondamentale è porsi compiti impossibili"... e posso dire senza retorica o vana gloria, che ho questa tentazione da che sto sulla terra. Il teatro era forse il mio destino.
    Grazie per il commento, che è un modo per partecipare più da vicino, e che apprezzo.
    Quanto all'autoelogio per il numero di visite... La cosa è nata per lo stupore di aver superato 2000 visite, e da li è iniziato il gioco. Sapere che ogni 2000 visite devo inventarmi qualcosa, mi costringe alla costanza...altra cosa che posso a fatica.
    ps: nel video dico "Leggano" invece di "leggono", ma a forza di rileggere e sbagliare la pronuncia di qualcosa verso la fine, ho deciso di metterlo così perché cominciavo a odiarlo sto testo. Magari un giorno ci riprovo.
    Luisa.

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