lunedì 30 maggio 2011

Isoke, prostituta Nigeriana, si racconta a Laura Maragnani

In questa intervista da pelle d'oca, Isoke ci accompagna lungo i vari gironi del suo quotidiano inferno, però in questa storia, di divino non c'è nulla, di certo non c'è alcun paradiso. Non c'è nessuna candida Beatrice che se ne va a spasso fra le nuvole.
Questa storia ha per protagonista una vittima che dà voce ad altre vittime, e dei carnefici, che Dante chiamerebbe volentieri diavoli. La società invece li chiama persone per bene, perché come sottolinea Isoke, è gente insospettabile. Quasi sempre si tratta di uomini posati, chi l'avrebbe mai detto? Scherzo. Quasi tutti sono fruitori accaniti di film porno, perché stando a quel che si legge, la cosa che vogliono di più dalle ragazze, è quello che in quei film è la regola, il tutto per soli 25 euro.

In un paese in cui "l'ingiustizia è uguale per tutti, soprattutto per gli extracomunitari", le vittime vengono abbandonate dalle istituzioni, e dalla mancata umanità della società che tende a vedere nello straniero la macchia sul suo candore, sbagliando, molto spesso.

Leggendo l'articolo che riporto qui sotto, mi è partita nella testa la frase di una canzone di Renato Zero, dimmi chi dorme accanto a me?. Penso a quelle mogli disgraziate e mi sento fortunata. Quanto a te, essere deviato, mi chiedo, come fai  a non vergognarti di esistere? Come fai a guardare tua moglie, tua figlia, e a non sentirti un verme? Come posso accettare io che anche tu ti chiami uomo come gli altri? Ti auguro il peggio che ti possa capitare, cioè che un mattino, svegliandoti, si svegli anche la tua coscienza, perché a quel punto saresti tormentato a vita.
So bene che è utopia. Rimarrai il porco che sei, e non ti succederà  mai nulla, perché i prepotenti comandano il mondo e gli ultimi, quali che siano i vaneggiamenti della chiesa, restano ultimi, che è comunque meglio che esserti simile.


"La ferita" è il titolo del dipinto.
Link da Radio radicale sul tema.

Il problema è solo questo, dice Isoke: da dove cominciare a raccontare.
Isoke ha 27 anni, è alta, mora, bella. Nigeriana. Di Benin City. È da Benin che provengono, a migliaia, le ragazze buttate dal racket sui marciapiedi italiani, 10-12 ore al giorno di macchine e di clienti, esposte in mutande e tacchi a spillo a ogni genere di violenze e di aggressioni. Lei, trafficata come le altre, è riuscita a uscirne e a salvarsi. Oggi vive ad Aosta, sta per sposare un italiano. E insieme, lei e io, stiamo scrivendo per l'editore Melampo un libro sulla tratta. Sulla sua esperienza di ieri e sul suo lavoro di oggi: uno, «dare voce a chi non ce l'ha», ossia alle ragazze che ogni sera scendono in strada senza sapere se mai ritorneranno, perché sono «almeno duecento, stando alle cronache dei giornali, quelle che negli ultimi anni sono state accoltellate, strangolate, uccise a furia di botte o di iniezioni di veleno agricolo», senza contare quelle torturate e stuprate e massacrate, ma che in qualche modo sono tornate a casa vive, e dunque non fanno assolutamente notizia; due, «cercare di creare una rete, di trovare insieme un percorso d'uscita, un'alternativa alla strada»; tre, «mettere in piedi una casa-alloggio per le ragazze che non ne possono più».

Aprirà tra poche settimane, ad Aosta, e si chiamerà, ovviamente, la Casa di Isoke. Sottoscrivete. L'indirizzo è rbc_isoke@yahoo.it.

Iniziamo da Judith, 14 anni appena, che alla sua prima sera di lavoro sui marciapiedi romani della Salaria è stata stuprata e picchiata dal primo cliente, e poi lasciata sull'asfalto più morta che viva? O da Joy, che era incinta, e che ha perso il bambino che aspettava? Da Gladys, a cui un cliente ha distrutto l'ano violentandola tre-quattro volte di fila? O da Rose, stuprata da chissà quanti e in chissà che modo, fino ad avere l'utero perforato; e che, pure, non osava nemmeno mettere piede in un ospedale per curarsi?
Non sono le storie che mancano. Anzi, sono perfino troppe, quaggiù, sugli affollati marciapiedi d'Italia. Gli stupri qui sono roba quotidiana; violenti, se non addirittura atroci; eppure assolutamente invisibili, e dunque assolutamente impuniti: «Perché le ragazze non denunciano mai. E nemmeno vanno al pronto soccorso, a meno di non essere moribonde», spiega Isoke. E la voce le trema. Le viene da piangere.
Allora, dice Isoke. Questa storia degli stupri etnici. Le ragazze la vivono tutti i giorni, ogni volta che vanno al lavoro. Ogni sera escono di casa con due pensieri in testa: forse questa è la sera che incontro il cliente che mi aiuta, che magari mi risolve un po' il problema del debito. Trenta, cinquanta, sessantamila euro. Il costo che le ragazze pagano per arrivare in Italia, con la promessa di un lavoro che le salverà dalla miseria di Benin City. Arrivano qui, dice, e scoprono che il lavoro è poi sempre uno e uno soltanto, il marciapiede. E sul marciapiede succede di tutto; ma voi non lo sapete.

E dunque il secondo pensiero che le ragazze, ogni sera, hanno in testa è questo: speriamo che non mi succeda niente. Ma a una o all'altra qualcosa succede. Sempre. Gli stupri sono la regola.Tutti i giorni, dice Isoke. Tutti i giorni gliene segnalano uno. Stavamo scrivendo la storia di Osas, arrivata a Torino dopo due anni (due anni? «Sì, due anni interi») di viaggio attraverso l'Africa, su su dalla Nigeria fino al deserto del Sahara. In 60 stipati su un camion, senz'acqua né cibo, e quelli che erano di troppo venivano lasciati giù. Così. A morire. Mentre il camion proseguiva verso il nord del Marocco su una pista punteggiata di ossa e di cadaveri freschi. Arrivata a Torino, Osas è stata buttata sulla strada. Caricata da un cliente. Dove andiamo? ha chiesto lui. «Posto tranquillo» ha detto lei; era una delle poche frasi che le avevano insegnato le compagne di lavoro. Solo che il posto tranquillo di lui era una cascina semi diroccata nell'hinterland torinese, spersa nella nebbia e nel freddo. E arrivati lì lui le ha puntato un coltello alla gola. L'ha violentata, picchiata, rapinata. Lei ha urlato e urlato.Da un'abitazione vicina una voce ha gridato: «Ma basta, ma finitela. State zitti». E solo dopo che l'uomo se n'è andato qualcuno ha osato mettere il naso fuori. Un ragazzo con un cane. Che vuoi, ha chiesto mentre il cane le ringhiava contro; che cosa è successo. Poi l'ha caricata in macchina e l'ha riportata a Torino. «È stato uno degli uomini più gentili che ho incontrato in Italia» dice Osas adesso.

Bene. Stavamo scrivendo di Osas quando a Isoke è arrivato un messaggio dalle ragazze di Verona. È sparita Prudence. Arrivata una settimana fa dalla Nigeria. Vent'anni. Analfabeta. Non una parola che sia una di italiano. Prudence non tornava a casa da due giorni. A casa aveva lasciato i suoi vestiti e le sue poche cose. Le compagne di strada la stavano cercando dappertutto. Ospedali, questure. Niente. Fino a che è ricomparsa. Irriconoscibile. Sfigurata dalle botte. Quasi non riusciva a camminare.

Che cosa è successo, le ha chiesto Isoke in dialetto ebo. «Mi hanno bucato l'utero, mi hanno bucato l'utero». Prudence riusciva a dire solo questo, ossessivamente. A fatica abbiamo saputo che un cliente l'aveva caricata al suo joint, che è lo spicchio di marciapiede che ogni ragazza ha in dotazione e per cui paga a chi di dovere un affitto mensile che va dai 150 ai 250-300 euro. L'aveva caricata e portata chissà dove. E violentata. E riviolentata. E picchiata. Massacrata. Derubata. Scaricata in un bosco, a chilometri dalla stanzetta che Prudence considerava casa sua.
Prudence è rimasta in quel bosco tutta la notte, tutto il giorno dopo. Senza mangiare né bere. Sconciata. Sanguinante. A fatica s'è poi trascinata fino a un campeggio, c'era gente che faceva vacanza, che l'ha riportata a Verona. Lì è finalmente riuscita a orientarsi. È tornata a casa. «Mi hanno bucato l'utero, mi hanno bucato l'utero». In ospedale non ci è voluta andare, per paura che la polizia la rimandasse a casa. Rimpatrio forzato. Così com'era, in mutande. A marcire in una prigione di Benin City dove le altre detenute ti violentano con una bottiglia, ridendo e dicendo: cosa è meglio, dicci, questa bottiglia o quello che sei andata a goderti in Italia. Di Prudence non abbiamo saputo più niente. È difficile per una donna italiana ascoltare storie del genere. Ascoltare Isoke che dice:
"Ogni africana stuprata è un'italiana salvata"
È difficile. È orribile. Ma vero. I nostri uomini, gli italiani. Stupratori a pagamento, li chiamano le ragazze sulla strada. Quelli che, perché pagano i 25 euro della tariffa standard si sentono in diritto di esigere qualunque cosa. Cazzo ti lamenti, bastarda. I soldi li hai avuti. Succhia. Girati. Apri il culo. E giù botte. Hanno l'ossessione del culo, gli italiani che vanno a puttane. «Dicono: voglio fare quello che con mia moglie non faccio mai», spiega Isoke. «Scene da film porno. Tutto quello che hanno visto nei film porno e con la moglie non hanno il coraggio o il permesso di fare». Ho pagato, è la frase chiave dello stupratore da 25 euro. E giù botte, se solo dici di no.
Gladys non riesce quasi più a camminare. Un cliente le ha sfondato l'ano. Era «come una bestia» dice, l'ha costretta a subire una, due, tre, quattro violenze, a un certo punto Gladys ha sentito «come un distacco, nel profondo». Da quella lacerazione non è più guarita.
Ospedale? Cure? Denunce? Ha una paura terribile, Gladys. Non ne vuole sapere. Si trascina sul marciapiede a fatica, ogni sera. Ormai zoppica. E non c'è verso di convincerla ad andare da un medico. Dice: «Se la polizia lo viene a sapere mi rimanda a casa». È la regola.

Dice Isoke: «A volte le ragazze ridotte molto male finiscono al pronto soccorso. Ma devono veramente essere ridotte molto, ma molto male. Incoscienti. In coma». Al pronto soccorso non è che le trattino coi guanti. Dovrebbe essere rispettata la privacy, certo. Ma chi mai dice che la legge valga anche per le puttane negre clandestine? A volte infermieri e medici sono cattivi, a volte addirittura strafottenti. Chiamano la polizia. La polizia prende svogliatamente la denuncia; poi ti dà il foglio di via. Sei la vittima di uno stupro. Ma sei anche quella che ne paga le conseguenze. Così le ragazze, appena possono, girano alla larga dalla polizia e dagli ospedali. Tornano a casa più morte che vive. Traumatizzate. Distrutte. La maman dice: ma di cosa ti lamenti, a me è successo tante volte. E il giorno dopo le rimanda sulla strada, coi lividi e i tagli e i segni dei morsi e delle cinghiate e delle bruciature di sigaretta in bella vista. I clienti a volte si impietosiscono, dice Isoke. Ti danno i soldi, dicono: vai a casa e curati. Allora la maman dice: vedi, anche ridotta così sei in grado di guadagnare. Di cosa mai ti lamenti. Sei scema.
Gli stupri di gruppo. Capitano spesso. Tre-quattro per volta, arrivano, ti caricano a forza. Sei fortunata a uscirne viva. A volte gli uomini dicono delle cose, mentre ti stuprano. Cose come: brutta negra. Cazzo vieni a fare qui. Così impari. Startene in mutande a casa tua. Ti faccio vedere io. Schifosa puttana. Chi ti ha mai detto divenire qui. Tornatene nella foresta, insieme alle scimmie.

Si sentono in qualche modo dei giustizieri, dice Isoke. Ce l'hanno con te perché sei donna. E nera. E puttana. E debole. Non so perché ma i più violenti, quelli più grandi e grossi, si scelgono sempre le ragazze più leggere e più fragili. Quelle così magre e sottili che sembrano una foglia di mais.
Se ci provano i ragazzini, 16 anni, 18, bé, dice Isoke, gli molli un pugno da tramortirli e scappi via. I più pericolosi sono quelli dai 25 anni in su. Ottanta-novanta chili. Trent'anni. Quaranta. Quelli che a prima vista non diresti mai che sono stupratori. Che non hanno niente nel vestire che ti allarmi, nulla nell'approccio che ti metta in guardia. Sono quelli che poi dicono: ho pagato. Che magari hanno l'Aids ma non vogliono usare il preservativo, per sfregio, e poi ti mettono incinta. Che dicono negra di merda, adesso ti sistemo io. Che tirano fuori il coltello o la pistola. Che ti bruciano con le sigarette, ti riempiono di pugni, ti portano via la borsetta, i soldi, il cellulare. Che ti lasciano a decine di chilometri da casa tua, nel buio o nella neve. E queste sono soltanto alcune delle cose che ti posso raccontare.
Solo ascoltare è mostruoso. E ascoltare non finisce mai. Ci sono le mille altre storie della strada, le mille vicine di marciapiede delle ragazze di Benin City: le trans sudamericane, vittima preferita dei nordafricani. Stupro omosessuale, lo chiama pudicamente Isoke. C'è la bambina brasiliana di dieci anni. Ci sono le albanesi violentate coi bastoni e con le bottiglie dai loro magnaccia, per convincerle ad andare sulla strada. C'è un campionario osceno di bestialità maschile, senza filtri e ma e se. E, soprattutto, c'è la paura delle ragazze. Perenne.
Dice Isoke: il primo stupro è difficile da superare. Sei distrutta. Qualcosa in te si è rotto per sempre. Però ti consoli dicendoti: mi sono vista morta, eppure sono viva. Al secondo dici: capita. Al terzo dici: è normale. Dal quarto in poi non li conti più. È un rischio del mestiere. Di Prudence, dicevo, non abbiamo saputo più niente. Non è ancora andata in ospedale. Se l'infezione non si aggrava non ci andrà probabilmente mai. La curano le sue compagne di strada e di casa. Una di queste è Eki, che ha avuto finalmente il coraggio di raccontare: è successo anche a me. Mi hanno stuprata e picchiata e torturata con le sigarette accese. Allora le sue compagne hanno detto: anch'io. Stanno mettendo in comune la paura, lassù a Verona. Stanno cominciando a pensare che forse bisogna trovare il coraggio di sfidare il racket e decidere di smettere. Non che sia facile, dice Isoke. Non lontano da Verona una ragazza che non voleva più saperne del marciapiede, Tessie, è stata costretta dai suoi magnaccia a bere acido muriatico. È finita al pronto soccorso. L'hanno salvata per un pelo. E adesso si ritrova sfigurata e handicappata e quasi muta. Una ragazza africana di villaggio, semplice semplice. Ignorante. Analfabeta. Che diavolo di futuro può trovare in Italia. Ditemelo voi. Poi ci sono le ragazzine. Tredici anni, quattordici. Vergini. Vendute agli italos dalle famiglie che vedono i vicini che fanno una bella vita grazie alle figlie che lavorano in Italia. Che si comprano il motorino. Il Mercedes coi sedili leopardati che quando passa nei villaggi solleva una gran polvere e tutti i ragazzini gli corrono dietro rapiti. Quando 'ste ragazzine arrivano in Italia le maman si mettono le mani nei capelli. Che cosa devo fare con te, che non sai niente. Allora pagano tre-quattro ragazzoni africani, grandi bastardi, dice Isoke, che le violentano in tutti i modi finché non hanno capito e imparato quel che si deve fare sulla strada.

Ora. Vorrei potermi risparmiare almeno questa parte della storia, ma non si può. Gli extracomunitari che raccolgono i pomodori, l'uva, le mele. Dodici, quindici ore di lavoro per sette, dieci, dodici euro. Frustrazione e rabbia pura. Vi siete mai chiesti come la sfogano? Sulla Domiziana, dalle parti di Castelvolturno, terra senza dio né legge in provincia di Caserta, le ragazze vivono in catapecchie senz'acqua né luce. Guadagnano 5 o 10 euro a botta. Sono la vittima perfetta dei loro stessi compaesani. Che le schifano, «perché si vendono ai bianchi». E non hanno soldi e non le pagano e le rapinano nella certezza della totale impunità. Si vendicano della vita di merda che fanno. Con loro, le ragazze di Benin City.
Isoke dice: però questo io non lo posso dire. Allora lo dico io. In certe zone la polizia chiude non un occhio ma due, e forse anche tre, avendoli, e pure anche quattro. Va bene che ci siano le ragazze di Benin City: sono uno sfogatoio perfetto, un matematico calmieratore di tensioni sociali ed etniche. Sono la vittima designata, l'agnello sacrificale. Perché ogni africana stuprata è un'italiana salvata. E l'africana stuprata tace. Ha troppa paura per parlare. È perfettamente invisibile e dunque non fa notizia né statistica. Nemmeno di questi tempi, ragazze mie. Pensatele ogni volta che uscite di casa a notte fonda, e soprattutto ogni volta che rientrate. Voi, bianche. Voi, sane e salve.


Link al sito di Radio radicale su questo argomento.

10 commenti:

  1. spero con tutto il cuore e il mio animo,fin da bambino, che un giorno l'essere umano cambi e rispetti ogni altro suo simile al 100% e che non ci sia piu questa smania del dio denaro che ridurra a distruggerci tutti. Un mio pensiero va a tutto il vecchio continente costretto ad essere stuprato senza ritegno da millenni. mi dispiace molto per tutte le prostitute di tutto il mondo ma piu di questo vorrei che ci sia giustizia per quelle iene che girano di notte e impuniti tutti i giorni.....un abbraccio atutti

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  2. Grazie per il commento.
    Temo che le tue speranze rimarranno tali. Se leggi "Le forme della violenza" uno dei miei post sul blog, capirai a che livello la violenza è radicata non solo nei paesi poveri, ma soprattutto fra noi "civilizzati". E se anche fa comodo dare la colpa allo "straniero", è dimostrato dalle statistiche, che il nemico peggiore abita sempre o quasi, dentro casa o nei dintorni. Facciamo che noi, nel nostro piccolo, non permetteremo mai che cose simili accadano sarà già un piccolo successo. Grazie ancora.
    Luisa.

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  3. http://lestanzeletterarie.blogspot.com/2011/03/le-forme-della-violenza-il-vuoto-del.html

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  4. cara Isoke l'uomo che ti ha "salvata ha abbandonato il proprio figlio senza dargli da mangiare, figlio della donna bianca che in silenzio tutti questi anni lo ha allevato e salvato, sempre in silenzio perchè i diritti che tu rivendichi giustamnete sono stati negati a un bambino che diventerà uomo a sua volta a cui ho insegnato come donna bianca a rispettare le donne di ogni colore e adesso chissà se pubblicherete questa verità

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  5. Carissima "Anonima", il tuo nome non lo conosco, e solo per questo ti chiamo così. Sono la sola a gestire il blog e il filtro l'ho messo solo per evitare gratuità ed eventuali banalità di troppo.
    Ovviamente un commento come il tuo lo pubblico senza remore, solo con dispiacere. Mi pare di capire che tu sia coinvolta in prima persona in questa storia, e mi viene da citare una frase che Isoke stessa ha scritto in questo articolo:
    "...E dunque il secondo pensiero che le ragazze ogni sera hanno in testa è questo: speriamo che non mi succeda niente. Ma a una o all'altra qualcosa succede. Sempre..." Mi fa rabbia da morire che succeda quasi sempre alle donne e, in questo caso, anche ai bambini, di pagare per le voglie e i capricci dei grandi.
    Credo anche però, che un utero perforato sia una violenza inenarrabile che nessuno al mondo si meriti, e che queste anime senza diritti e senza difesa abbiano anche loro bisogno di una voce che le ascolti e di una casa che le accolga.
    Non so chi è l'uomo con cui sta, non so con chi stesse prima, né il motivo per cui frequentava prostitute e fra mille ha scelto lei. Ho pubblicato l'articolo solo nella coscienza che il dolore per la gratuità di certe ingiustizie non morirà mai, e tu me lo confermi.
    Se ti va mettiti in contatto con me via mail, phoenix71l@yahoo.it
    Mi piacerebbe fare due "chiacchiere. Se non ti va lo capisco, in ogni caso grazie per l'intervento.
    Luisa.

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  6. Tutto quanto sopra è terribile, disgustoso, rivoltante, quanto maledettamente vero. Tengo però a fare due precisazioni e una considerazione.
    Prima precisazione, opinione personale, ritengo che episodi di tale gravità siano -fortunatamente- molto più rari di quanto non possiamo avere impressione leggendo l'articolo (non che anche uno solo non sia abbastanza, mi riferisco alla valenza "informativa" dell'articolo in senso tecnico, ecco).
    Seconda precisazione, la gran parte dei clienti sono persone normali, anche se presumo che la classificazione "economica" delle africane possa indurre una maggior frequentazione da parte di clienti meno abbienti e quindi spesso meno istruiti ed educati (non è detto, eh, sempre ritengo). Il "problema" è che un cliente "buono" e uno "cattivo" non si compensano a vicenda, e che immagino ne bastino pochi "cattivi" per fare danni estremi.
    Infine, la considerazione. Il "problema" principale non è, a mio parere, che le ragazze si prostituiscano (vi è un discreto quantitativo di prostitute "indipendenti" sudamericane ed anche europee, talvolta italiane, che semplicemente trovano conveniente farlo per denaro) quanto che non siano libere di scegliere né di tenersi i propri "guadagni". Più ancora, sconcerta che la vittima di un crimine debba temere le forze dell'ordine e sia indotta a non denunciare.
    Cosa è possibile *fare* in concreto per questo problema, per una persona, per così dire, "normale"?

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  7. Non conosco il tuo nome, quindi dovro' chiamarti Anonimo...
    Concordo sul fatto che tutto quanto è scritto qui sopra sia terribile. E' vero.
    Sulla qualità dell'articolo non so che dirti. L'ha scritto una giornalista ed io l'ho riportato solo perché il progetto:"La casa di Isoke" mi sembra importante e credo meriti un po' di pubblicità, perché anche se l'utero lo sfondassero solo a 10 donne l'anno (e sono certa che siano di più) lo troverei aberrante oltre ogni narrazione.
    Quanto alla seconda precisazione, vivendo in Italia siamo tutti molto consapevoli che le prostitute vanno quasi di moda. Ricordo ancora un'intervista da Santoro in cui una mamma rimproverava la figlia per non essere andata ad un incontro che le avrebbe cambiato la vita. E aggiungo... come cambiano i tempi! Ora hanno cambiato nome, si chiamano Escort, come le macchine, ma sempre quello fanno.
    La loro però è una scelta libera quindi, non m'interessa esprimere un commento in materia. Ma l'argomento non si può tacere per le innumerevoli persone senza voce, sfruttate e macellate per esigenze "...Fallaci", giocando con le lettere e limitando a fatica l'istinto di dire parole un po' volgari che rendano meglio l'idea.
    Scrivi anche "Immagino ne bastino pochi "cattivi" per fare danni estremi"... vero! E non vale solo per la prostituzione ma in qualsiasi contesto in cui il "Cattivo" o lo spregiudicato sia in una posizione di stra potere rispetto agli altri.
    Quanto alle forze dell'ordine, certo, come non essere d'accordo?
    Infine e soprattutto, alla tua domanda "Cosa è possibile fare in concreto..." appunto, promuovere, pubblicizzare: "LA CASA DI ISOKE" e incentivare la creazione di strutture simili, è un primo passo, se non altro per arginare il problema. Poi bisognerebbe demotivare profondamente gli uomini ad andare per la via a cercare donne e se proprio non possono farne a meno, magari che evitassero di comportarsi da mostri preistorici, ma non sono Dio, e non ho poteri così immensi. Il male esiste da che esiste il mondo, e le donne, converrai, dalla mela in poi, sono sempre state prese di mira da chi gli ha dato la vita.
    Grazie per la partecipazione. Luisa.

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  8. Gli ultimi commenti sono stati cancellati perché nel frattempo le regole del blog sono cambiate,quindi le offese gratuite e l'astio fine a se stesso, da oggi ce li terremo nell'anima. In ogni caso, non li pubblicheremo.

    Siamo qui per confrontarci non per tirare frecce in aria.

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    1. cara Luisa, per caso sono arrivata al tuo blog, leggo con amarezza e sdegno il racconto di Isoke. Ma alcune domande vorrei porle:
      Mi chiedo per arrivare in italia è necessario mettersi nella mani di quei criminali? un biglietto aereo dalla Nigeria verso l'Italia non costa di meno e ottenere un passaporto con visto turistico è così difficile in Nigeria?
      E' possibile che oggi le ragazze nigeriane non sappiano cosa vengono a fare? capisco quelle ragazzine messe nelle mani delle maman che secondo me dovrebbe metterle ai lavori forzati, ma tutte le altre. Fare opera di informazione in Nigeria è difficile, o non si vuole???
      Quante ragazze uscirebbero dal giro se le si offrisse loro un lavoro qualsiasi.
      Come si fa ad avere un debito di 40 60 mila euro nei confronti di questi criminali.
      Per quanto riguarda la nostra amata Italia basta presidiare i territori in modo serio, polizia carabinieri e perchè no Esercito, ad imporre le leggi dello Stato.
      Altrimenti belle parole..., la tua una bella iniziativa, la mia una bella risposta, ma in questo momento sono migliaia queste povere ragazze nelle mani dei camorristi, maman, criminali, e Clienti... della peggiore specie.
      Certo che anche tu pensi che prostituirsi non è una libertà della donna ma la schiavitù che la priva della sua dignità. Carmelo

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    2. Carmelo, non so cosa rispondere. Non sono mai stata in Nigeria, e non conosco così bene le leggi del mondo, anche se le sospetto a volte più melmose di quanto la logica potrebbe suggerire. Questo post è abbastanza datato, ed il solo motivo per cui l'avevo inserito nel mio blog, era ed è ancora, l'intento di promuovere La casa di Isoke, che fa cose concrete per gente che, concretamente, ha bisogno di aiuto. Per il resto, si entra in un vortice di commenti che forse non porterebbero a niente. Per quel che penso io, il poco o niente che possiamo fare individualmente, lo dobbiamo fare. Grazie per la riflessione. Buona giornata.

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