sabato 6 novembre 2010

Anna Achmatova. Poesie.

Poetessa russa. 
Anna  Andreevna Gorenko
Pseudonimo:
 Anna Achmatova 
Fontan 23 giugno 1889
Mosca, 5 marzo 1966 

[Senza titolo]
Strinsi le mani sotto il velo scuro...
"Perché oggi sei pallida?"
Perché d'agra tristezza
l'ho abbeverato fino ad ubriacarlo.

Come dimenticare? Uscì vacillando,
sulla bocca una smorfia di dolore...
Corsi senza sfiorare la ringhiera,
corsi dietro di lui fino al portone.

Soffocando, gridai: "E' stato tutto
uno scherzo. Muoio se te ne vai".

Lui sorrise calmo, crudele
e mi disse "Non startene al vento"

1911

Anna Achmatova. 


Chi è Anna Achmatova?

Una delle poetesse più importanti della Russia del novecento.
Nasce a Odessa nel 1889, e muore a Mosca nel 1966.
Perde il suo primo marito nel 1934. Fucilato per attività controrivoluzionaria.
Per lo stesso motivo, perde anche molti dei suoi amici poeti, che finiscono nei Gulag Staliniani.
Perde il suo unico figlio Lev, che nel 1938 è imprigionato in attesa di condanna a morte. E ogni mattina, per diciassette mesi, la Achmatova si reca davanti al carcere per avere sue notizie.
Requiem, è un poemetto che nasce da questa esperienza drammatica che deve condividere con centinaia di altre madri. 
La sua poesia nasce intima e sentimentale, ma il tempo e le esperienze della storia che gli rubano marito, figlio e amici, la portano verso un'arte che racconta le sofferenze di un'intero popolo.

Il regime ostacola (ovviamente) la pubblicazione dei suoi lavori bollati di pessimismo nevrotico e di erotismo malato , eppure lei è sopravvissuta. La sua parola è ancora forte e chiara. Semplice e potentissima. Particolare, perché racconta della sua terra, l'amata Russia, ma anche generale, perché si indovinano meccanismi che sono un po' di tutti i paesi, di tutti i soprusi.

Ho amato questa scrittrice dal primo istante. Ero in città e per un motivo che non ricordo, anzi si, era l'otto marzo, qualcuno lesse la sua poesia "A molti". Da allora non ho mai smesso di leggere e rileggere i suoi versi, che mi suonano in testa come qualcosa che non va dimenticato mai.

A MOLTI
Io sono la vostra voce, il calore del vostro fiato,
il riflesso del vostro volto,
i vani palpiti di vane ali...
fa lo stesso, fino alla fine io sto con voi.

Ecco perché amate così cùpidi
me, nel mio peccato, nel mio male,
perché affidaste a me ciecamente
il migliore dei vostri figli;

perché nemmeno chiedeste di lui,
mai, e la mia casa vuota per sempre
velaste di fumose lodi.
E dicono: non ci si può fondere più strettamente,
non si può amare più perdutamente...

Come vuole l'ombra staccarsi dal corpo,
come vuole la carne separarsi dall'anima,
così io adesso voglio essere scordata.
1922


La moglie di Lot
"Ora la moglie di Lot si voltò indietro a
guardare e diventò una colonna di sale"
Genesi, 19,26.

E andava il giusto dietro al messo di Dio,
enorme e radioso, sulla nera montagna,
ma sonora parlava l'angoscia alla moglie:
" Non è troppo tardi, puoi ancora scorgere

Le rosse torri della tua Sodoma natia,
la piazza dove cantavi, la corte dove filavi,
le finestre vuote dell'altra dimora,
dove al caro marito partorivi i figli"

Si volse, e serrata da una stretta mortale,
non poterono i suoi occhi più guardare;
di sale si fece il corpo diafano,
si strinsero alla terra gli agili piedi.

Chi vorrà piangere questa donna?
Non sembra forse la più lieve delle perdite?
Il mio cuore solo non potrà mai scordare
chi la vita dette per un unico sguardo.

1922-24





Ultimo brindisi
Bevo a una casa distrutta,
alla mia vita sciagurata,
a solitudini vissute in due
e bevo anche a te:
all'inganno di labbra che tradirono,
al morto gelo dei tuoi occhi,
ad un mondo crudele e rozzo,
ad un Dio che non ci ha salvato.

1934

[ Senza titolo]
Ma io vi prevengo che vivo
per l'ultima volta.
Né come rondine, né come acero,
né come giunco, né come stella,
né come acqua sorgiva,
né come suono di campane
turberò la gente,
e non visiterò i sogni altrui
con un gemito insaziato.

1940



LIBERATA
Puro vento fa fremere l'abete
pura neve ricopre le campagne.
Più non ode il passo del nemico,
riposa la mia terra.
1945


IL SALICE

"E il decrepito fascio degli alberi"
Puskin

Crebbi in un silenzio arabescato,
in una ariosa stanza del nuovo secolo.
Non mi era cara la voce dell'uomo,
ma comprendevo quella del vento.
Amavo la lappola e l'ortica,
e più di ogni altro un salice d'argento.
Riconoscente, lui visse con me
la vita intera, alitando di sogni
con i rami piangenti la mia insonnia.
Strana cosa, ora gli sopravvivo.
Lì sporge il ceppo, e con voci estranee
parlano di qualcosa gli altri salici
sotto quel cielo, sotto il nostro cielo.
Io taccio...come se fosse morto un fratello.

1940


[Senza titolo]
Non è il tuo amore che domando.
Si trova adesso in luogo conveniente.
Stanne pur certo, lettere gelose
non scriverò alla tua fidanzata.
Però accetta dei saggi consigli:
dalle da leggere i miei versi,
dalle da custodire i miei ritratti,
sono così cortesi i fidanzati!
e conta più per queste scioccherelle
assaporare a fondo una vittoria
che luminose parole d'amicizia,
e il ricordo dei primi, dolci giorni...
Ma allorché con la diletta amica
avrai vissuto spiccioli di gioia
e all'anima già sazia d'improvviso
tutto parrà un peso,
non accostarti alla mia nottte trionfale.
Non ti conoscco.
E in cosa potrei esserti d'aiuto?
Dalla felicità io non guarisco.

1914




Nessun commento:

Posta un commento