Collocamento eterno. http://www.gabrielecarbonari.it/ Clicca qui per ascoltare alcuni frames delle canzoni. |
Il ciddì di cui ci occupiamo in questo post si
chiama “Collocamento
eterno” e
l’ha fatto Gabriele Carbonari. E' il riassunto, forse dovrei dire il risultato di quindici anni di sperimentazioni e
crescita musicale oltre che personale.
L’idea di mettere per iscritto la lunga conversazione che
abbiamo avuto, è nata dalla fortunata coincidenza di avere un computer sotto
mano mentre lui provava i pezzi al Musiké ( dove
insegna canto. Questo il Link al sito) in vista della presentazione ufficiale dell’ album. Fra una
canzone e l’altra è partita la chiacchiera sconclusionata e si è creata una
bella atmosfera.
Il contesto leva dal mio
solito, sebbene … il luogo mi fa pensare
parecchio ad una ragazza di vent’anni che sognava di diventare una “qualsiasi” Buddy Miles, per lo spasso
del maestro Mancini, che le faceva credere di essere brava. Il problema è che
voleva diventare anche Martha Graham (Di cui allora ignorava l'esistenza, ma voleva comunque diventare come lei) e poi Jimy Hendrix, senza parlare della fissa per Picasso e di lì a poco, niente meno che… Joyce. Ridete pure se vi pare, sto dicendo che sono stata
giovane, molto ambiziosa e soprattutto, che avrei potuto appassionarmi di moda,
di look. Insomma, mi è andata bene. Fondamentale è porsi compiti impossibili. Lo diceva Carmelo Bene ed aveva ragione da vendere.
Mancini si nasce o si diventa? |
Il clima è quasi autunnale, fuori è quasi
buio. Settembre e relative impressioni sono alle nostre spalle, come ogni
anno quando arriva ottobre. Ancora due mesi e il mondo finirà -se i MAYA (Non gli Incas, come avevo scritto. Fusione celebrale in atto!) avevano
visto bene- Ancora qualche pensiero
stupido e mi decido a raccontare ciò di cui abbiamo parlato in quella stanza.
Gabriele Carbonari. Ho scelto il motivo speculare perché... c'è uno specchio e perché L'album si vuole retrospettivo. Quale simbolo rende meglio di uno specchio? |
Ps: Il solo modo che conosco per ottenere foto in cui non si avverta il forzoso senso di "Posa" è quello di farne molte! Esito: Dopo un po' il bersaglio si stanca e non ti nota più. Provare per credere! Tutto ciò per dire che le foto che presento qui, sono frutto di una casualità, e non di pose prestabilite, spero si noti.
Buona la prima... ma solo in sostanza. In pratica ho preferito "aggiustare" un po' domande e risposte prima di pubblicare il tutto, aggiungendo cose di cui si è parlato in passato, e qualcuno dei continui aggiornamenti degli ultimi giorni. Ho cercato di trattare tutti i pezzi dell’album, includendo i testi delle canzoni (In prosa per motivi di spazio). L’ho fatto anche se leggere una canzone senza averla mai ascoltata, rischia forse di penalizzarla, però aiuta a capire di che si tratta.
Certo, sarebbe stato
sociologicamente interessante trascrivere alla lettera un perfetto idioma
italo-abruzzese nell’atto di comunicare sa
n’italo-S'nigajes’, ma chi avrebbe capito?
Detto questo, non è mia ambizione puntare al canonico
“Oxfordiano” così, al solito, mi metto alla ricerca della retta via, cioè della
parola giusta, che non è smarrita perché … il Tom Tom mi ci porta, sono
mica Dante io?
Tutto quello che scrivo è stato
approvato dal diretto interessato ovviamente.
L. sono io, G. è
Gabriele.
Il titolo del Ciddì arriva dopo qualche esitazione. "Il sole tra le nuvole" era una delle opzioni, poi ha scelto "Collocamento eterno", che è anche una canzone dell'album.
La chiacchierata inizia così...
Ps: Evito i mille punti di sospensione e qualsiasi altra smanceria. Siamo come siamo.
L.
L'eternità è una questione
di tempo, un’astrazione, una fede, per chi ce l’ha. Il collocamento è uno spazio,
una sistemazione, una forma di "incasellamento" sociale, niente
di più concreto.
Dove si trova esattamente questo collocamento eterno? Perché questa scelta?
G.
“Collocamento eterno” è il titolo di una canzone che
ho scritto due anni fa. In quel periodo riflettevo sulle religioni -tutte- e
sul rapporto fra l'umano e la cosiddetta "vita eterna" con cui
veniamo indottrinati sin dai primi anni di vita. In quanto frutto di una
riflessione personale, è nella mia testa che si svolge ogni idea di
collocamento … più o meno eterno …
♪♪
Ordiniamo
fiori per le tombe del tempo, non c’è posto, non c’è luogo sulla terra. Azzardando
potrei arrivare a dire che nemmeno in cielo hanno voglia di parlare dei
nuovi iscritti al collocamento eterno. Aggiungiamo pure che non c’è molta
voglia di far parte di una parte di universo, diligentemente in fila, con il
sole a fare da padrone, quelli dietro hanno il buio, e noi la luce illuminante,
ricompensati dal collocamento eterno.
Quando avrai
meno bisogno di pregare alla luna, non avrai solo mani e piedi, ma una testa
sul collo, cercherai la dura terra, acqua pura per la sete, e con un salto giù
nel vuoto sparirebbe con te l’IPOCRISIA di un collocamento eterno. (effetto
eco sulla parola “Ipocrisia”)
L’illogico,
il reale ed i bruschi risvegli, sono essenza rilassante i segni del tempo, non
costringermi a barare fingendo di cantare, il mio inno l’ho cantato prima del
mio funerale, e potrò dire addio al collocamento eterno ... e al collocamento
eterno.
[Per motivi di spazio trascriverò i testi in prosa.]
L.
"L'illogico, il reale dei bruschi risvegli" Il risveglio
brusco è per me la prova che l’eterno, se anche esiste, è nascosto davvero … da
Dio! Ho sempre pensato all’eterno come all’utopia che si nasconde dietro ai
piccoli manierismi del quotidiano.
G.
Il senso di precario che ci buttano addosso ogni giorno
genera paura, vuoto e a volte, per reazione, si sente il bisogno di
sentirsi radici sotto i piedi, si ha bisogno di qualcosa che ci faccia sentire
stabili.
L.
Come un baricentro.
G.
L.
Dal titolo avevo immaginato un approccio di tipo sociale,
quindi politico. Per intenderci: Lavoro, crisi, precarietà, poi ascoltando i
pezzi ho trovato molte riflessioni di natura più individuale, sebbene, sociale e personale sono due facce di una moneta molto
simile, no?
G.
Vero. Anche se individui, cresciamo in un contesto sociale.
La famiglia ci educa a vivere secondo le sue convinzioni, la scuola c'impone
una precisa tabella di marcia, gli amici anche loro si aspettano delle cose,
insomma ognuno sembra cucirci addosso un progetto e ci colloca in una dimensione, che è spesso … la
sua!
L.
A volte mi sono raccontata che ero io a scegliere strade
e/o persone che stranamente, mi somigliavano pochissimo. Ci ho messo un po’ per
capire dove sta il confine fra le mie iniziative e quelle che altri hanno
pensato per me… Un posto sperduto,
in mezzo ai monti. Non la tua isola, magari fosse! Dalle isole si può anche fuggire,
ma da un monte come fai se non sai nuotare?
Vedi? Mi guardi come se fossi suonata! Stavo solo mettendo in pratica quello
che hai detto poco fa. I monti si lasciano a piedi o in macchina. Se uno dice
che non se ne allontana perché non sa nuotare, l'altro pensa che uno è
"strano", e chissà quanto
altro. Divertente per chi ama la provocazione, ma alla lunga neanche tanto … e
NON ridere!
G.
-Ride- Qualcuno sembra a suo agio fra le maglie di
questi meccanismi, ma c’è anche chi si sente stretto nella morsa del “così fan
tutti”, mettici anche che per agire tutti allo stesso modo, bisogna indossare
maschere. Fare finta.
L.
"Non costringermi a barare fingendo di cantare" dici nel testo. Barare, Fingere, Ipocrisia –con tanto
di effetto eco- fa molto ... teatro.
G.
L’effetto eco
mi è stato suggerito da Luca Lazzaro, il fonico
che ha registrato tutto il materiale. L’idea mi è piaciuta e l’ho applicata.
Sposarsi e promettersi all'altro con un "per
sempre" pieno di buone intenzioni, affannarsi per un lavoro fisso per una
posizione rispettabile agli occhi degli amici “per bene” così nessuno ti
giudichi male, perché sei nella tua casella, fai quel che ci si aspetta da te...
mi chiedo che succederebbe se un giorno tutti gettassero la
maschera.
L.
Il Caos naturalmente! (Noto solo ora che invertendo le
lettere della parola Caos, verrebbe fuori... il Caso) Ci spero da sempre, ma non credo mi sarà dato di vivere il
miracolo della fine del mondo! Nella tua lista manca la storia dell’abito
che, in teoria, fa il monaco … dicesi luogo
comune. Un posto molto affollato quello là!
G.
Temporaneo ed eterno creano un contrasto paradossale,
perché in teoria è tutto lineare, in pratica può succedere di comportarsi come
se davvero ci sarà dato di vivere per sempre.
I “Per sempre” di cui parlavo prima, ci danno l’illusione
di conquistare un grammo di eternità, di sconfiggere il tempo, radicandoci bene
al suolo con illusioni che ci raccontiamo fino a crederci, poi gli anni passano
e uno capisce che “per sempre” non esiste.
L.
... Se anche ci fosse, sospetto sarebbe estremamente noioso e statico con
simili premesse.
G
… è che il ragazzino diventa grande, i bisogni cambiano, la
compagna di ieri… è cambiata anche lei, e si può continuare a camminare insieme
solo se si è cresciuti guardando nella stessa direzione. Il lavoro serve per
vivere, e quando c’è, rischia di essere alienante per quelli che non fanno una
cosa che gli piace, ma se non c’è, è persino peggio, perché nel mondo in cui il
denaro è legge, non si ha voce senza denaro. E poi c’è il marketing, che ci
abitua a pensare “necessarie” cose che così necessarie non sono. Alla fine,
tutto questo ci ruba il sogno, se così si può dire.
L.
"Nemmeno in cielo hanno
voglia di parlare dei nuovi iscritti al collocamento eterno" Fa molto “Ufficio dell’impiego”. Un incubo ai
miei occhi. Quanto al Marketing, sono in lite da una vita col dio
dell’Utile, così lo chiamava un amico mio morto da qualche secolo.
Comunque…
Riprendendo quello che dicevi,
non conosco granché delle tue storie, ma per il resto, stando a quel che mi hai
raccontato, ho l'impressione che gli anni passati in fabbrica non ti abbiano
logorato più di tanto. Hai tenuto bene
anche quando ti hanno dato il benservito per motivi di "Crisi".
Parola del secolo. La nostra ostia quotidiana
G.
...Che dovevo fare? Disperarmi o rimboccarmi le maniche. Ho
scelto di mettermi a fare musica a tempo pieno, rischi inclusi.
L.
Ti ha fatto bene. In un anno sei ringiovanito quasi di dieci anni. Di solito funziona al contrario. La Fabbrica mi fa pensare a tanti
intellettuali che su questo argomento hanno speso fiumi di parole…
G.
… Ho frequentato da vicino e per anni una realtà che tanti
artisti hanno raccontato per sentito dire o per interesse culturale, io l'ho
vissuto in prima persona e di posti come la fabbrica, ho conosciuto non solo
l'utopia, ma anche l'umanità che vi abita. Le persone che mi stavano attorno a
saperle guardare, erano una fonte d’ispirazione continua per capire cosa io
volessi o non volessi diventare da grande, e questo anche se ero già grande.
L.
"Io ne ho tante di cose da fare da grande" - Il cielo tra le
nuvole- Visto? ho studiato!
A proposito, bella la copertina, con tanto di cielo e
nuvole e tu che ci canti sopra. Fa molto “Al di là”, collocamento eterno
insomma.
G.
Ero indeciso sul titolo da dare all’album. “Il cielo tra le
nuvole” è una delle canzoni più recenti, per me è come un punto di svolta,
forse “il” punto della situazione, però era un titolo molto evocativo, quasi
una fotografia. “Collocamento eterno” mi è parso più suggestivo, senza contare
che, grazie al mio amico Roberto Conditi,
il grafico che ha curato il CD- ho trovato il modo di fondere le due canzoni nell’ immagine di copertina. Da
ragazzo, forse a mia insaputa, mi lasciavo condizionare dalla copertina per
scegliere di comprare un disco anziché un altro, e spesso nelle canzoni,
ritrovavo lo spirito di certe immagini, quindi per me è una parte non trascurabile del tutto.
L.
Oggi, fedeli al nostro tempo “Bello”, sulle copertine ci troviamo
tanti primi piani di gente molto ben truccata e sistemata. … l’eterna giovinezza, l’eterna bellezza.
Tutte cose di spessore insomma.
P.F.M. Fra le mie copertina preferite! |
G.
Adele però si è imposta nonostante non sia una bellezza
convenzionale.
L.
Non si può dire sia brutta. E’ solo rotonda. E non si può
dire che la cosa passi inosservata. C’è sempre qualcuno che sottolinea questo dettaglio.
E’ molto fastidioso a mio avviso.
G.
Vero.
Vorrei ci fosse il cielo, che s'apre con
il sole, al posto del soffitto di questo cupo treno, mi sento più protetto
davanti al finestrino, e sto battendo il tempo.
Il sole tra le nuvole, in mezzo a un
temporale, è come la speranza, è come un bel segnale, la poesia dei
raggi, la grazia della pioggia, la gioia e la bellezza.
Ma il mio sole sta fisso nel cielo che
s'apre con l'aria di un cieco che ascolta ma tace. Io ne ho tante di cose da
fare da grande, ne ho viste di storie di un tempo distante.
Me lo dicevi amore, di non aver paura,
me lo dicevi sempre di questo arcobaleno, vestito di colori, da una luce pura
che so che queste nuvole...
Il mio sole sta fisso nel cielo che s'apre con l'aria di un cieco che
ascolta ma tace. Io ne ho tante di cose da fare da grande, ne ho viste di
storie dal tempo distante. Ma il mio sole sta fisso nel cielo che s'apre con
l'aria di un cieco che ascolta ma tace. Io ne ho tante di cose da fare da
grande, ne ho viste di storie dal tempo distante.
Non sa più d'abitudine, ora ha perso il
quotidiano, non è fare la guerra, non è lottare in vano … ma il mio sole sta
fisso nel cielo che s'apre coi raggi che scaldano i luoghi di pace, io ne ho
tante di cose da fare da grande ne ho tante di storie da raccontare. Ma il mio
sole sta fisso nel cielo che s'apre coi raggi che scaldano un luogo di pace, io
ne ho tante di cose da fare da grande ne ho tante di storie da raccontare.
L.
… Cupo treno?
G.
Si, ero in viaggio per Milano. Il treno era cupo per mille
motivi, ma andavo ad esibirmi quindi ero entusiasta. E’ stata una bella
esperienza che ho fissato in questo testo.
L.
“Non sa più
d'abitudine, ora ha perso il quotidiano” … somiglia a quel che abbiamo detto prima.
…
Noto che cielo, terra, sole, mare... e un po' meno il fuoco, tornano spesso nel corso del CD. L’acqua soprattutto, che per definizione procede verso il mare. Penso a "Dolce", una lunga metafora sul fiume che va al mare.
CLIKKA E ASCOLTA!
♪♪
Dolce,
lontano dal mare, che tarda a venire, per farsi vedere.
Calda,
la trovi assopita dal sole d’estate, per nulla si muove,
Mossa,
dal vento di terra, si unisce fatale, con la brezza del mare
Scura,
si spoglia di notte, prepara le vesti per l’alba di un giorno.
Scivolando
con violenza, copre terre arse dal sole,
Foglie
scure san di fango, tra le dita delle onde,
Risalendo,
respirando, volti e corpi prendono forma,
in
un sordido balletto va perdendosi nel tempo.
Chiara -ora- si toglie le foglie -scure- inizia a
brillare -d’oro- e riprende a dormire.
Fresca,
si gira sul letto di fertile donna. Dà un figlio alla terra.
G.
Non solo il fiume
che va al mare, ma anche due sessi che s’incontrano biologicamente, quindi
naturalmente. Il mare è l’uomo, il fiume è la donna, nonostante siano due nomi
maschili.
L.
In francese “La mer”
è femmina, ed evoca foneticamente “la madre”. Il fiume lo immagino simbolo di virilità in
effetti, però l’artista può fare quel che gli pare, e mettiamoci pure che l’acqua
è femmina!
“Chiara” è un nome di donna?
G.
No, è un
aggettivo riferito all’ acqua del fiume. L’associo ad una donna che, prossima
alla conclusione del suo viaggio sul fondale del fiume (maschio!) che la porta
al mare (maschio) si purifica dalle “foglie scure” della vita, cioè dalle zone
d’ombra E’ un procedere liberatorio insomma, e si conclude con il riposo.
Infine, dà la vita.
L.
Che non significa “Muore”, per intenderci, ma fa quello per
cui le donne sono “naturalmente” pensate. Partorisce, no?
G.
No, non muore. Per
una strana coincidenza la frase può assumere i due sensi, uno di vita uno di
morte.
L.
Vero
G.
L’acqua invece, è
una costante dei miei sogni. Mi attrae e mi spaventa. Non so spiegarlo …
L.
Se fossi Marzullo chiamerei la psicologa di turno per chiedere
spiegazioni e capire che ti passa per la testa
-
Mi parli del suo sogno ricorrente. Direbbe lei.
G
… Mi sogno spesso
immerso in qualche mare o fiume, ma non affogo, semplicemente osservo la realtà
circostante, e questa, noto, non è mai troppo
distante dalla mia città. Non ho mai desiderato allontanarmene, cosciente del
fatto che potrebbe sembrare una controtendenza, forse una contraddizione
rispetto a quel che ho detto prima sugli schemi fissi.
L.
...ed ecco il “cupo
treno” di cui prima!
Quanto al sogno ho una mia chiave di lettura, ma non sono
la psicologa di Marzullo, quindi me la tengo per me! Comunque, seriamente
parlando... non vedo incoerenze.
Cambiare ha senso se e quando si sta male in un posto. Oggi
va molto di moda l’idea che “andare
all’estero” sia sufficiente per “emanciparsi”. Non credo sia sempre vero. Camus
ha scritto una bellissima riflessione sul viaggio, e non c’entra molto col
sentirsi comodi ed appagati. In ogni modo, penso che il viaggio abbia senso
solo per chi sente di averne bisogno ( Io per esempio)
L’altra cosa che
posso dirti è che vivo qui da 22 anni, e noto che i senigalliesi parlano spesso
male della città, ma si capisce che invece l’adorano, che non la lasceranno
mai, e che se lo faranno, poi torneranno, non fosse altro che per dire
quant’era meglio … là! Sarcasmo a parte, suppongo sia bello avere un porto che
ti aspetti.
Anch’io ho un rapporto strano con l’acqua. Nei sogni ci
affogo, nella vita invece, non posso fare a meno del mare, forse più che del
fiume.
Quante sono in sostanza, le canzoni del tuo lavoro?
G
Nove pezzi più
l’intro.
L.
Approfitto… questa parte del ciddi... mi spieghi il senso? Qualcuno potrebbe pensare a un
difetto di registrazione. Invece?
G.
L’idea iniziale
era che l’ultimo brano “Dove sei” terminasse
col rumore del vinile stile vintage, in memoria dei tanti anni passati ad ascoltare i dischi di mio fratello,
mentre mi appassionavo, quasi senza saperlo, alla musica che ascoltavo.
L.
Fortuna che tuo fratello non era fan di Nino D’angelo!
G.
Vero! … Mi
piaceva e mi piace ancora l’idea del suono un po’ stridente del vinile
consumato dall’uso, così l’ho inserito a inizio CD. Comunque, come per
l’effetto eco sulla parola “ipocrisia” nella canzone “il collocamento eterno”,
il suggerimento mi è venuto dal fonico Luca
Lazzaro che, senza volere, ha colto questo
aspetto della mia formazione.
Come i film in bianco e nero. Splendide pellicole che poco
o niente hanno a che fare con l’attuale alta definizione delle immagini. E’ con
loro che il cinema è nato. Somigliano alla mia idea di purezza.
G.
Nella musica non
è diverso. Oggi la definizione sonora di un brano è notevole ma quel “rumore” è
parte dei miei inizi da autodidatta, con la chitarra. Ascoltavo e riproducevo.
L.
E mettici che sei mancino!
G.
… Il CD ho voluto
realizzarlo usando solo una chitarra acustica e la mia voce per omaggiare quel
periodo della mia vita, ma per la
prossima estate penso, sarà pronta una versione più ricca di arrangiamenti e
suoni. Per questo sarò accompagnato da Andrea Brunelli alla batteria, Andrea Celidoni al basso, Luca Lazzaro alla chitarra, Marco Fattorini alle tastiere e Sonia Ciccolini come corista.
L.
Incas permettendo! Dicevi che hai
accantonato l’idea iniziale di finire l’album col rumore del vinile. Poi cos’è
successo?
G.
Ho deciso di iniziare il Cd con quel suono
per creare continuità fra il primo e l’ultimo pezzo, cioè: “l’isola” e “Dove sei”, legate anche dal fatto
che me le ha ispirate la stessa persona. Si tratta di una storia che ho vissuto
circa 15 anni fa.
Comunque oltre al rumore del giradischi, c’è il rumore del mare in sottofondo.
(Il brano
inizia col rumore delle onde del mare. Fa molto New Age)
Ferma questo veliero,
relitto fasullo nato in un momento sbagliato, non lo abbiamo voluto e allora
perché sta viaggiando sul mare? Potrei farlo affondare, sapendo che ci son già
riuscito, almeno un paio di volte. Prima di conoscere te avevo un’anima e
sorridevo, in mezzo a un’isola, poi fissavo l’orizzonte e il mare sempre più
blu, sempre più blu.
Sto avvistando la
terra, ma questa corrente è complice del mio destino e m’inverte la rotta, ha
scoperto che ti sento vicina. Addio dolce amore, è stato bello anche poterlo
soltanto pensare e fantasticare, lontano molte miglia da qui, in mezzo a
un’isola, sembravi un angelo, che mi portava via, le tue ali candide, leggere e
libere insieme a me. Tu in mezzo a un’isola, sembravi un angelo, che mi portava
via, le tue ali candide leggere e libere, insieme a me. … Volavi volavi volavi
insieme a me.
L.
Due
considerazioni, semplici e lineari sulla canzone.
1: Mi piace molto. La prima volta che l’ho ascoltata mi
ha ricordato cose mie che nel tempo avevo perso. Vero anche che, per fortuna
non servono motivi per affezionarsi ad una canzone.
2: Mi fa pensare a … Benigni. “Non amo che le rose che non
colsi” disse la Guicciardini (Versi di Gozzano) al giovane amico di Guido (Interpretato da Benigni) che, nel film "La vita è bella" voleva diventare poeta. Anch’io ho una rosa non colta da qualche parte. Si
chiama “Emme” qualcosa… e ancora mi vive dentro perché non l’ho conosciuto abbastanza da
vicino per assistere al crollo del palazzo incantato... E’ un pensiero a cui correre
ogni tanto, mi fa compagnia quando non so dove parare.
La morale è
sempre la stessa alla fine: Quel che non conosci lo puoi pensare migliore di
come forse sarebbe stato. Dici “è stato bello
anche soltanto pensare e fantasticare, lontano molte miglia da qui” …
Somiglia come concetto, ti pare?
G.
In generale si, ma nella canzone il
tono è malinconico perché forse, sotto sotto, avrei voluto che tutto diventasse
più reale.
L.
A chi lo
dici! Il mio somiglia a … Tiziano Ferro. Di faccia intendo. Pensa te! Era un … rosso relativo! Ma se ci
pensi bene, ora dici così perché la cosa non l’hai vissuta quindi sei
stato libero di pensare che era il meglio che ti potesse capitare. Un’occasione
perduta. Ma se l’avessi vissuta più a fondo, chi lo può dire? Il reale ha un
modo tutto suo di schiacciare l’ideale. Comunque personalmente lo preferisco. Sta volta cito De André "E' stato meglio lasciarsi che non essersi mai incontrati" e di quella Emme non potrò mai dirlo. Non so che ho lasciato, non so che ho perduto, so solo che l'avrei voluto, se capisci che intendo. Comunque, senti … Cantautore,
fra le nove, ce n’è una che preferisci? – Domanda banale, lo so -
G.
Difficile rispondere. E’come
sfogliare un vecchio album di foto. Comunque … “POEM”
se devo dirne una.
CLIKKA E ASCOLTA.
CLIKKA E ASCOLTA.
♪♪
Bentornato in questa
terra, bentornato in questo mondo e quel
po’ che ne è rimasto, se te ne sei reso
conto. Non m’illudo sta tranquillo, e continua a continuare il perverso giro
infame sulla giostra - Non ti fermare.
Non ho niente e tu lo sai, non ho occhi da coprire, facce da
sostituire per poter tirare dritto e racconterai a tutti che ti sei comprato il
mondo, lo hai girato come un guanto per poi ritornare qui davanti a me.
Gli affari tuoi io li
conosco bene, sono tasche vuote con le mani piene che racchiudono fiori arrugginiti, dentro un falso vaso di leggende e miti. Ma che cosa parlo a fare
al tuo volto edulcorato, al tuo avido e perverso camminare e star
seduto, ma che cosa hai da offrire, se non polvere da sparo, se non tristi
convenienze dall’effimera durata, sono qui per regalare solo gioie e speranze non viziate, sono qui perché lo chiede il vento , son qui
perché questo è il mio momento.
Potrei darti il benvenuto, ma non riesco a salutarti, non mi va
più di guardarti, non mi va più di ascoltarti. Sto contando la distanza tra il
tuo carcere ed il mio, tra la vita dei mortali e le paludi degli eterni, non si
sente un gran rumore e nemmeno gracidare, vedo solo acqua salmastra canne
lucide e sfuggenti, e non credo possa entrare il sole e nessuna luce alcuna, ma se provi ad abbassar
la testa puoi specchiarti, sempre che tu ci riesca.
Io non porto apocalissi, né scritture né alluvioni, sono sotto la tua pelle perché
possa rifugiarmi. Dalle viscere del mondo ho scrutato la tua vita, ero il
povero nel fango che tu non vedevi affatto, non per colpa del sole ma del buio, non per colpa del fango ma dell’oro, non per colpa
dell’acqua, ma del fumo, non per colpa tua,
non solo tua … Se la realtà dei numeri abitasse sulla terra, se non
fossero stampati sulla pelle della gente, se prendesse posto il nome che da nati ci hanno dato, se prendesse un po’ il sapore di un futuro
sempre meno avaro.
L.
A chi il “Bentornato in questa terra” ?
G
Nella canzone ci sono due soggetti.
“IO” inteso come individuo, ma anche come parte del tutto, cioè della società e
“Il potente”, inteso forse anche in generale, cioè … i potenti.
L
Io è anche
l’artista, il giudice, il giornalista. Insomma, chi deve raccontare ad alta
voce le cose del mondo che gli altri scelgono di non vedere, o che sembrano non
capire, o peggio … che accettano come un destino alla: “Tanto è sempre stato così, che vuoi che
cambi?” e anche “sono tutti ladri” e allora che si fa?
Si guarda altrove? Certo che no.
G.
“Non
per colpa tua, non solo tua ” dico infatti … lasciar correre ci rende parte del
massacro di cui siamo vittime.
L.
-“sono qui perché questo è il mio momento” dici …
è una specie di Coming out. “Non mi va più
di guardarti e ascoltarti”. E’ tempo di alzare la voce, come
dicevamo prima.
G.
E’ tempo da molto ormai. Canto che
il potente di turno “Torna”, ma la frase è sarcastica perché in fondo non se
n’è mai andato. E’ come una giostra. Sembra che giri di continuo, per il solo
bisogno di girare, sempre nella stessa direzione.
L.
Calci in
culo inclusi! Vero!! Una giostra allo stato puro. Manca solo la magia, manca
l’infanzia e la sua spensieratezza. Anche in “Gira terra gira” si ha l’idea dell’eterna circolarità del
tutto.
“Gli affari tuoi io li conosco bene, sono tasche vuote con le mani piene
che racchiudono fiori arrugginiti dentro un falso vaso di leggende e miti”. Mi fa pensare ad un vecchio “signore”
il cui nome è noto –tristemente- a
chiunque nel mondo abbia mai sentito parlare di Italia.
G.
…
L.
Fiori e
ruggine.
G.
La ruggine infetta ed uccide. Serve
un vaccino per salvarsi.
L.
… Il falso vaso, da una parte mi fa
pensare al vaso di Pandora, pieno di
tutti i mali del mondo, dall’alta, banalmente, alle leggende e ai miti del commercio che ci vende miraggi e ci
abitua a pensarli come necessità vitali.
“se la realtà dei numeri
abitasse sulla terra, se non fossero stampati sulla pelle della gente, se prendesse posto il nome che da nati ci hanno dato, se prendesse un po’ il sapore di un
futuro sempre meno avari”
La
realtà dei numeri prevale sull’umanità e cancella le nostre identità, il nostro
nome.
G
Se la realtà dei numeri abitasse sulla terra
significa che anche se siamo
tanti, non abbiamo voce. I potenti sono di numero molto inferiore rispetto a
noi, ma sono loro a comandare.
L
Vedi
vari G8 … e relative sciagure.
G
…
Quando parlo di numeri stampati
sulla pelle della gente, intendo alla lettera … gli ebrei nei campi di
concentramento per esempio. Erano un numero enorme, ma non avevano voce né
identità. Solo carne da macello e nessuno li ha difesi.
L.
Tempo
fa ho letto un articolo di sociologia interessante. Non ricordo il nome di chi
l’ha scritto, ma diceva che: “Io sono” era
il verbo di Dio, poi è arrivato “Io ho”
che è il verbo del commercio, ed infine, forse il più deprimente: “io sembro” che è il Dio della
maschera. Tu parli di giostra, io di circo. A volte mi sembra di starci dentro,
solo che non fa ridere. E’ una canzone interessante, è anche molto lunga, ed
ha un testo articolato …
G.
Si. Mi
servivano molte parole per sfogarmi e manifestare la rabbia che sento nei
confronti degli arroganti della terra, i
cosiddetti “potenti”, e soprattutto denuncio quella specie di complicità
perversa che nasce troppo spesso fra loro e la gente comune … Parecchie forme
di dittatura, più o meno subdole, nascono dalle ovazioni in piazza da parte di
gente disposta a “credere” a tutto,
perché è più facile. “Sto contando la distanza tra il tuo carcere
ed il mio, tra la vita dei mortali e le paludi degli eterni, non si sente un
gran rumore e nemmeno gracidare, vedo solo acqua salmastra canne lucide e
lucenti” . In questa strofa per esempio,
sottolineo come anche in caso di colpa, il trattamento riservato alle persone
potenti è fastidiosamente diverso rispetto a quello che tocca ai comuni
mortali.
L.
Tutto ciò in una canzone che hai intitolato “Poem” e si suppone contenga un testo, come dire? … non “impegnato”. Approfitto per dire che a mio
avviso la poesia moderna, sempre che abbia ancora senso, questo deve fare. Il
mondo lo penso in prosa, ma è solo il mio parere ovviamente.
G.
Anche “Noi protetti” nasconde un
retrogusto “sociale” amaro.
L.
Quella che io chiamo “Noi poretti”
in senigalliese?
G.
Si, quella. Pensavo di
fare una versione con questo titolo.
L.
Sarebbe un successone!
Segnerò il mio piccolo confine, ci
piscerò per essere più sicuro, studierò le strategie di guerra se non basta ci
innalzerò un bel muro. Saremo uniti contro
l’invasore, nel nome di una sana e giusta causa, tener lontano lo straniero, vigilare giorno e notte senza pausa. Ma quant’è bello il mio paese con i
monti le sue cime e i prati verdi e la mia gente che non esce mai di qui. Gli stessi immobili ed eterni perché voglio siano cosi, e
noi possiamo, dovrà essere, e sarà …
Ma quant’è bello il mio
paese chiuso dentro le mie braccia, come quattro mura di
galera stupide, e noi che vi abitiamo ci sentiamo meglio, siamo felici
d’esserci protetti dall’inciviltà.
Segnerò il confine del mio mare, se piscerò sull’acqua il segno
poi scompare. Dalle nostre parti abbiamo paura che dall’orizzonte s’alzi la
tempesta. Uniti contro la tutte le intemperie per salvare quello che ancor non
ci han rubato. Tener lontano lo straniero, la tempesta umana figlia del degrado.
Ma quant’è bello il mio paese con il fiume verso il mare che
respira, sembra un quadro più che una
fotografia, di quelli che facevo da bambino, un opera che mai nessun straniero
mi scolorirà
Ma quant’è bello il mio
paese chiuso dentro le mie braccia, come
quattro mura di galera stupide, e noi che ci abitiamo ci sentiamo meglio , siamo
felici d’esserci protetti
dall’inciviltà. Tutto solo col mio mare tra le braccia, ma protetto dall’inciviltà. Nel deserto del
mio piccolo paese, ma protetto dall’inciviltà. Uniti da uno stesso suono, ma protetti dall’inciviltà.
Sempre bello, sempre uguale a prima, in più, protetti dall’inciviltà, nei secoli
dei secoli invecchiamo, noi protetti
dall’inciviltà. Tutto solo, col mare tra le braccia, ma protetto dall’inciviltà,
nel deserto del mio piccolo paese, ma protetto dall’inciviltà, uniti da…
L
Come, “ci piscerò”? Non è esattamente una frase da bon ton. Durante la presentazione del disco a Marzocca, ho sentito
qualche “Oooo” di esclamazione. Siamo gente beneducata noi, e le “Parolacce” ci
mettono in imbarazzo – Si coglie il senso della battuta?- Comunque … spiegami sta cosa. Senza ridere e senza
stupore. Vero! La signora ha detto “Ooooo” + risatina per bene! Se gli spieghi
perché scrivi ‘ste cose poi non ride più!
G
Il soggetto al quale presto la voce
in questa canzone è un uomo mediamente intollerante verso chi non gli somiglia,
un razzista, ma non necessariamente verso lo straniero. Capita a molte persone
di provare questo sentimento almeno una volta nella vita.
L.
Qualcuno
purtroppo si affeziona, e lo rimane nel lungo periodo.
G.
Rispondo alla signora … Ho usato la
parola “pisciare” perché è un gesto che usano i cani per delimitare il loro
confine. Il nostro confine naturale, essendo
l’Italia una penisola, è soprattutto fatto d’ acqua, e da lì vengono molti
“stranieri”. Capisci bene che in acqua è
difficile che altra acqua segni un confine. E’ un modo per prendere in giro
certi luoghi comuni insomma.
L.
“E noi
possiamo, dovrà essere, e sarà … ”
…
cosa?
G.
Il solito soggetto
afferma categorico che possiamo impedire al “nemico” di avvicinarsi a noi.
Possiamo, dovrà essere e sarà … E’
ironico.
L.
“Protetti dall’inciviltà” è il refrain di tutto il testo. Notizie falsate o omesse, ronde,
propagande allarmiste. Mi sembra che faccia parte di un disegno politico.
G.
Noi civili, ci proteggiamo dalle
nostre paure diventando paradossalmente in-civili e, perché no? Un po’ razzisti. Solo ieri si
sognava la padania unita…
L.
Si,
era per rendere omaggio alla simbolica
abolizione dei confini grazie alla nascita nella nostra cara Europa, cara in
ogni senso visto che l’euro è la sola cosa che realmente ci unisce… ed a che
prezzo! Non sto dicendo che voglio esserne fuori, solo che il prezzo è elevatissimo.
Parli
di confini
sul mare, tempesta umana … non posso non pensare a Lampedusa e a tutte le anime che galleggiano sotto quel mare. Ci ho
scritto un post a suo tempo, e qualche commento mi ha fatto partire l’embolo. Una
signora “Bene” osservava che queste cose vanno rispettate col … silenzio!! Mai richiesta fu più esaudita! Nei TG la
notizia è stata appena sfiorata. L’avranno fatto per rispetto!
…
“Sembra un quadro più che una fotografia Di quelli che facevo da
bambino Un’ opera che mai nessun
straniero mi scolorirà”
… bella immagine.
G.
Si, però parla ancora l’intollerante
e pensa che se arriva lo straniero, corro il rischio che mi “scolori”
l’identità, cioè i quadri che facevo da bambino, cioè la mia identità.
L.
L’avevo
capita al contrario. Cioè che il quadro dei bambini nascono dall’istinto, e
quello nessuno lo può scolorire. Invece mi dici che in questa frase si nasconde
ancora una volta la paura che qualcuno arrivi e ci scolorisca l’identità... Mi
piace lo stesso.
…
♪♪
Gira terra gira, con le tue pazzie, rendi piena gioia, fammi
compagnia, Gira terra gira per coloro che non accogli, apri a loro le mani nude
e vagabonde. Pioggia terra fango in balia del vento, fa che i suoi sospiri
uccidano il silenzio, acqua terra, aria e voglia di due ali per imitar gli
aironi che san sempre dove andare. Gira terra gira incessantemente, gira più
che puoi anche lentamente, io son qui davanti e
guardo questa gente, trasformata in un popolo di niente, ma tu non
fermarti gira terra mia, trova la mia
donna dille di andar via, rendile giustizia
offrile parole, affinché possa cantare, un giorno ai figli le sue storie.
Gira terra gira, gira con
il sole, dalle nutrimento alle sue parole, gira terra gira falle conquistare quel
che altre han dovuto abbandonare. Gira terra gira almeno tu non ti stancare, questi
giorni son crudeli ma dovranno passare, gira terra ancor più forte fa passare
il tempo, anche se più vecchio io sarò, sarò contento.
G.
“loro” sono anche qui (Come in “noi
protetti” gli emigrati, in generale chi va all’estero, lo “straniero”)
L.
Qui
parli anche di donne. Di madri che
tramandano il loro essere ai figli.
“Ma tu non fermarti, gira terra mia, trova la mia donna dille di
andar via, rendile giustizia offrile
parole affinché possa cantare un giorno ai figli le sue storie. Gira terra
gira, gira con il sole, dalle
nutrimento alle sue parole, gira terra
gira falle conquistare, quel che altre han dovuto abbandonare. gira terra
gira almeno tu non ti stancare, questi
giorni son crudeli ma dovranno passare, gira
terra ancor più forte fa passare il tempo,
anche se più vecchio io sarò, sarò
contento
G
La donna è quella che rimane più
ancorata al terreno, alla situazione, perché deve accudire i figli, a migliaia
di km di distanza, e lui, l’emigrato, parla
alla terra in genere, e gli dice di proteggere la sua donna e di darle
forza affinché riesca a creare per sé un destino diverso dalle loro antenate. Dille
di andar via … è intesa come una metafora, non togliersi dal luogo, ma
emanciparsi mentalmente così che un giorno possa raccontare ai suoi figli nuove
storie, rispetto a quelle che ha sentito lei da piccola.
L.
Volendo
vale anche per noi. Per tutti …
G.
L.
Altro
testo di natura sociale è “LORO”, solo che qui non si parla tanto di
politica, quanto di indifferenza verso chi vive condizioni disagiate. Dal
vecchio, al malato, ma soprattutto, parli di bambini, se ho capito bene quel
che mi dicevi.
CLIKKA E ASCOLTA.
CLIKKA E ASCOLTA.
♪♪
Se ti dico che al mondo sono presenti dei piccoli diamanti, come
stelle cadute all’improvviso sul suolo di un deserto, senza acqua, troppo cielo
ed un calore che fa mancare l’aria, quel cielo azzurro coperto da una cappa
trasparente che è il destino. Di quei piccoli diamanti scopriranno solo aspetti
scoloriti. Di quei piccoli diamanti non vedranno luce adatte a questo mondo. Senza
acqua troppo cielo ed un calore che
fa mancare l’aria, questo mondo coperto da una cappa trasparente.
Loro hanno bisogno di te
ed ascoltano ogni parola del cuore che esce da te.
Loro hanno negli occhi il respiro che dai col tuo sorriso.
Ora guarda il chiarore della luna che illumina e risplende, su
quest’acqua che finalmente bevo sorretto dal presente, ora guarda lo vedi amica
mia che posso respirare, con il tuo sorriso anche il sorriso mia diventa grande
Loro hanno bisogno di te
ed ascoltano ogni parola del cuore che esce da te
Loro hanno negli occhi il respiro che stai donando col tuo
sorriso (x2)
Sono il piccolo diamante che ti guarda mentre scruti le mie
facce, sono il piccolo diamante che ti bacia sulla fronte e sulle labbra, ti
sei accorta che risplendo di una vita
che non se ne andrà più via, ti ringrazio di avermi assicurato gioia e vita per l’eterno.
Loro hanno bisogno di te, e ascoltano ogni parola del cuore che
esce da te
Loro hanno negli occhi il respiro che hai donato col tuo sorriso
Loro sono diamanti
splendenti e tengono duro con la vita tra i denti
Loro hanno uno
specchio da darti, loro … non sono … gli
altri.
L.
“Loro hanno bisogno di te”, di
chi parli?
G.
La canzone è nata dopo che la mia amica Benedetta, mi ha raccontato di una bambina molto malata e
costretta a stare in ospedale. Lei nel tempo libero è Clown di corsia e fa
compagnia col suo gruppo a questi ragazzini. In simili contesti il mondo
sembra trasformato da lenti che deformano le immagini. Come stare in un mondo
nel mondo, di cui spesso non si parla, anzi, spesso è proprio dimenticato.
Parlo di “Troppo cielo” perché
queste persone sono spesso circondate
da gente “di fede” che gli vende ogni giorno …l’attesa di Dio, dell’azzurro,
che poi non arriva.
L.
“in un calore che fa mancare l’aria”.
G.
Si, la tipologia è
quella del “Malato nel santuario” più o meno. Triste, perché per loro è
un’ultima spiaggia e lo sanno … Diciamo
che fra i “missionari” ed i Clown di corsia, credo più a questi ultimi, perché
regalano un sorriso a chi non ha tanti motivi per ridere.
L
… approccio umano piuttosto che
fredda metafisica. Concordo quant’è vero iddio!
La canzone mi sembra avere toni panteistici. La natura è ovunque. Parli inoltre
di un diamante: Sasso estratto dalla terra che, lavorato, diventa lo spasso dei
ricchi. Si ricorre spesso a questo simbolo, per le ragioni più diverse. Qui mi
sembra, si tratti di narrare di un oggetto che nasce per rifrangere luce e
invece non lo fa.
G
…è una pietra da mille facce, ma noi non la vediamo “i diamanti si perdono nel deserto”
L.
Loro non sono gli
altri…
G.
Banalmente, potrebbe succedere anche a noi di stare male.
L.
…
Infine, la fine… del Cd e quindi della nostra conversazione.
I tormenti del cuore, detto in
romantichese, … quel “lontano” amore con
cui inizi (L’isola) e finisci il CD. Dove
sei? Alias… l’eterna ricerca, che non per forza ha bisogno di una risposta?
G.
G.
No, parlo di una mia
storia iniziata e finita, quindi avevo a disposizione domande e risposte.
Pioggia che batti e che scandisci il
tempo, continui a cadere, non mi piaci tanto, vorrei sentirti solo nella mente,
oggetto da guardare cosi scintillante. Bagnami i capelli con le tue parole,
fammi compagnia con il tuo rumore, sotto il cielo che mi fa paura, sposati con
l’acqua di questa pianura.
Pioggia che batti son purificato, sono
stato sotto come tu hai voluto, ho ascoltato dentro le tue gocce, ho bevuto in
mezzo a queste rocce, è arrivata l’ora
di partire, lascia il posto al sole che non vuol dormire,
la tua parte credo l’hai già fatta, ora
non c’è spazio per la pioggia.
Ora dammi il sole, facciamo basta con le
parole, voglio il silenzio dell’amore che tu hai, non faccio altro che
sognarti, ovunque vai vorrei incontrarti. Dove sei?
Sole non bruciarmi sai che io ti voglio,
con le inondazioni io c’ho dato un taglio, ora non deludermi con il giorno devo
immergermi nel fiume caldo, sento ardere questa roccia, toccami i capelli
baciami le labbra
fammi bere un po’ della tua acqua, non
vorrei rimpiangere la pioggia.
Ora dammi il sole facciamo basta con le
parole, voglio il silenzio dell’amore
che tu hai. Non faccio altro che sognarti, ovunque vai vorrei incontrarti. Dove
sei?
Ora dammi il sole, voglio il silenzio
dell’amore che tu hai, non faccio altro
che sognarti, ovunque vai vorrei incontrarti. Dove sei?
L.
La pioggia che batta sta per … ?
G.
La pioggia incarna un senso di malinconia, tristezza ….
Può piacermi per certi versi, ma poi stare soli è dura.
L.
Puro romanticismo!
G.
Il Sole per contrasto è il
simbolo della passione, dell’amore, che ora voglio (“Ora” va inteso come il
periodo in cui l’ho scritta). Dicevamo, questa canzone è autobiografica … La
pioggia va via, e al suo posto arriva il sole per rifarsi del tempo perduto.
Dove sei? Perché ai tempi non
c’era, la perdevo, era la mia isola, cioè l’altro testo, quello con cui inizio
il testo.
L.
Noi ci salutiamo qui, sperando di avere incuriosito i lettori ad ascoltare
il CD. Quanto a me, rinnovo i complimenti e gli infiniti in bocca al lupo e ti
ringrazio per avermi inclusa nella parte grafica del tuo lavoro.
Per info:
- Il sito: http://www.gabrielecarbonari.it/
- Su Facebook: Gabriele carbonari (se clicchi su questo link lo trovi subito)
- Su Facebook: GABRIELE-CARBONARI-ONE-LIVE (come sopra) / pagina aperta a tutti.
- Su My Space: http://www.myspace.com/gabrielcarbonari
- Su You tube: https://www.youtube.com/user/gabrigibra
- Qui da me:http://lestanzeletterarie.blogspot.it/2011/11/gabriele-carbonari-dolce-e-un-isola.html
- Su Google + : https://plus.google.com/u/0/events/cm4rjhitsmp12rpdtoh9oj7ua6k
- ... Se cercate bene dovrebbe essere da qualche parte anche a casa vostra!!
In teoria è venuta male, in pratica mi piace lo stesso. Fa molto "Provvisorio" che è il contrario dell'eterno, cioè dove vivo |
Cliccando su questo link potrete rivedere la serata di presentazione audio-video del CD di Gabriele a Radio Velluto. Speaker di turno: Andrea Celidoni. "Masterchef" di Musiké, ovvero un camaleonte delle note. Un esempio... Oggi si chiama "Summer Jamboree" e tutti pensano che sia nato come i funghi, solo perché ogni tanto piove, ma dietro, cioè in principio, c'è lui, e vale per tanti altri progetti che vivono in questa città. Bravo Andrea!!
@_Luisa
bella "intervista", o meglio chiacchierata tra amici.. dove lo posso comprare il cd?
RispondiEliminao.
Nell'altro link ho messo tutti i riferimenti, comunque ti faccio sapere via Facebook! :-)
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