lunedì 17 ottobre 2011

Claudio Abbado "La cultura è come la vita, e la vita è bella"

Claudio Abbado, è preso a prestito per ricordare un evento di devastazione artistica a Roma, in occasione di una manifestazione da parte degli Indignados. (17 ottobre 2011) Divagando sono riuscita ad infilarci anche Raffaello e Hugo. Oggi (aprile 2020) lo direi con altre parole, ma non è questo il punto. 
Claudio Abbado.
L'8 novembre 2010 si leggeva in un editoriale dedicato al noto direttore d'orchestra:  "Claudio Abbado è una personalità enorme, un gigante della cultura mondiale, è molto più di un direttore d’orchestra e di un musicista. E’ un artista che per autorevolezza, fama, prestigio per non parlare di bravura è superiore a presidenti e capi di Stato"
Ciò accadeva all'indomani del suo intervento nella trasmissione di Fabio Fazio: "Che tempo che fa". Nonostante sia passato del tempo, ricordo ancora di quella intervista, così ho deciso di riproporne la parte finale.

Abbado ha ritenuto di dover chiarire il significato della parola cultura e quindi dell'arte, perché la sente in pericolo. 
Mi è venuto in mente, come spesso mi accade, la differenza fra l'approccio dei parigini e quello di noi italiani quanto a preservazione dei beni culturali. 
Un esempio su tutti: 
La maison Victor Hugo a Parigi, nel Marais, e la casa di Raffaello Sanzio a Urbino.
Il primo, definito da Gustave Flaubert, con ammirazione: "l'immenso vecchio" attraversa tutto il suo XIX secolo, scrive tutto lo scrivibile nelle vesti di  poeta, romanziere, autore di opere teatrali, saggi, dipinti, senza contare la sua carriera politica e la sua notevole influenza sulla politica del tempo. Ispirato ed ispiratore, proprio come Raffaello Sanzio, l'enfant prodige del rinascimento italiano, morto a 37 anni, che gli sono bastati per divenire uno dei pittori più influenti ed imitati del suo tempo e oltre, tant'è che i Preraffaelliti inglesi, nel secolo di Hugo, decidono di assumere questo nome con l'intento manifesto di cancellare attraverso la loro pittura ogni forma di impostazione accademica, che Raffaello evidentemente incarnava.

Pantheon Roma. Interno.

Hugo e Raffaello, ora che ci penso, riposano entrambi in un Pantheon, e non è cosa troppo ovvia per un artista. Hugo si trova  in quello parigino, Raffaello invece, è nel Pantheon romano. 
Trattandosi di personalità così straordinarie, si è pensato di trasformare anche le loro dimore in museo, ed è giusto che sia accaduto. Le differenze in termini di gestione del tutto però, mi appaiono abissali. 
L'ingresso alla maison Hugo non si paga, però sono disponibili delle audio guide nelle più svariate lingue, di cui tutti o buona parte dei visitatori, usufruiscono al prezzo di 5 euro, e sono soldi molto ben spesi perché si è informati, certo per sommi capi, dei fatti salienti della sua vita e del periodo storico, e chi conosce già l'autore, ne ripassa i tratti salienti, mentre chi non ne sa granché, se ne torna a casa con la voglia di approfondire l'argomento.
L'abitazione di Hugo è molto suggestiva. Le scale sono piene di ritratti dedicati a Hugo, e le stanze contengono oggetti che gli appartennero, dipinti che evocano momenti cruciali della sua carriera, senza contare alcuni pezzi di arredamento esotico di straordinaria bellezza, e forse non tutti se lo aspettano, relativo al periodo di residenza a Guernsay, durante l'impero napoleonico (1852-1870) al quale, come sappiamo, egli resistette allontanandosi dalla Francia.
Infine la suggestiva camera da letto, e lo scrittoio.
"La plume" dell'autore, le luci soffuse, l'impressione che da qualche parte il suo spirito sia ancora presente, incagliato fra i suoi oggetti.



Il povero Raffaello non è stato ugualmente fortunato.
L'ingresso alla sua dimora si paga, ma è una cifra irrisoria, credo sui tre euro, non ricordo bene,  in cambio però, non esistono audio guide. Non ci sono dipinti autentici,  nemmeno uno! Solo delle copie. Tutto ciò di cui  dispone il visitatore è la bellezza di alcuni degli ambienti della casa e qualche libro guida (questo mentre il mondo piange la recente scomparsa di Steve Jobs!), poggiato sporadicamente qua e là. Immaginiamo un giorno di pienone in cui il turista "A" deve mettersi in fila, dietro al turista "B" per leggere il libro.... lo farà mai? Voi lo fareste? Io no. 
Insomma si esce da questo edificio con una specie di dispiacere, perché si, ci sono i suoi quadri, non originali, abbiamo detto, ed è li che visse, ma il suo spirito è volato via, si trova altrove, forse a Perugia, a Firenze, o a Roma  ed è un peccato, perché basterebbe qualche piccolo accorgimento ed il turista se ne andrebbe via con la pancia più piena. Perché non lo fanno? Per altro a Urbino esiste una facoltà di lingue, non dovrebbe essere un problema creare un audio guida in quattro o cinque lingue, che di certo a fine anno segnerebbe un discreto introito economico, per lo meno per contribuire alle spese per la gestione dello stabile.

Casa di Raffaello Sanzio. Urbino.

Ritorno ad Abbado e al suo messaggio in merito alla cultura.
Perché  oggi?

Perché sabato 15 ottobre 2011, due giorni fa,  il mondo intero si è organizzato per una manifestazione detta degli indignados. Un gran progetto oltre che ambizioso, perché sinonimo di una globale voglia di un cambiamento reale, ma da noi, a Roma, i soliti incivili hanno approfittato dell'occasione per ricordarci che proveniamo dalle scimmie, e che secoli fa eravamo animali, dunque esseri istintivi, privi di capacità intellettive e comunicative, e su questa logica hanno preso a dare fuoco alle macchine, a lanciare sassi a seminare terrore, a spostare l'attenzione dei media, che nei tre giorni a seguire hanno parlato sempre e solo di loro e non di tutti gli altri, che erano un numero infinitamente superiore di persone, giunte a Roma da tutta Italia a manifestare per una serie di motivi sacrosanti e civili, cioè per una sana e ragionata indignazione verso un sistema economico che stritola l'individuo, rubandogli la dignità ed il diritto alla libertà, gravemente compromessa in una situazione di eterno precariato in cui si è eternamente ricattabili: dal datore di lavoro, dall'affittuario e così via.
Abbado a "Che tempo che fa".
Mi sembra importante  ricordare le parole di Abbado, che vorrei appiccicare sul cervello che sta sotto a quei caschi neri di Roma, ma lo farei con dei semplici ed indolori post-it, perché con la stessa leggerezza con cui hanno sbattuto a terra una statua della Madonna, avrebbero potuto sfregiare o incendiare un dipinto di Caravaggio, e se Dio davvero esiste, i fedeli non lo perderanno per una Madonna andata in pezzi, anche se posso capire lo sgomento di un credente, ma Caravaggio, una volta andato, non tornerebbe indietro in alcun modo, e sarebbe gravissimo, intollerabile oltre che infinitamente incivile, primordiale, imbarazzante verso gli anni di storia che ci hanno messo in luce davanti al pianeta fino a ieri, noi che siamo si e no uno stivaletto del mondo, insomma, un gesto da animali, e lo dico cosciente di offendere gli animali, che hanno come sola colpa di avere noi come coinquilini del pianeta.

Queste le frasi di Abbado a "Che tempo che fa":

-Chi ama la cultura vuole  conoscere tutte le culture e dunque è contro il razzismo.


-La cultura è lo strumento per giudicare anche chi ci governa.


-La cultura salva.

-Quando si tagliano le fondamenta di una casa la casa crolla: quando si tagliano i fondi alla cultura, la cultura crolla.

-Con la cultura si sconfigge il disagio sociale delle persone.


-La cultura è far sì che i nostri figli e nipoti vadano a teatro e vivano la magia della musica.


-La cultura è un bene comune primario come l’acqua: i teatri, le biblioteche, i musei sono come tanti acquedotti.

-La cultura è come la vita e la vita è bella.

David con la testa di Golia. (Golia è il Caravaggio stesso)




5 commenti:

  1. il genio letterario di hugo non si può disconoscere.. non so se lo sai ma il nome della nostra casa editrice è dedicato al protagonista di un suo romanzo :) per il resto che dire? sono completamente d'accordo con abbado sui meriti e le funzioni virtuose della cultura ma... deve essere data la possibilità a tutti di accedere alla cultura senza distinzioni di ceti e di possibilità economiche.. in una famiglia vessata dalle necessità materiali ed economiche della vita sarà più difficile ai suoi membri di accedere all'istruzione e alla cultura stessa. se un Stato si chiude nei privilegi di casta e non sa dare risposte alle esigenze della maggior parte della popolazione significa che ha fallito. questo è l'atteggiamento più sbagliato che si possa tenere: la rabbia prima o poi trova uno sfogo, anche quello più selvaggio e deteriore.

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  2. "Anonima LUISA RISPONDE"

    Ciao "Gwynplaine edizioni" :-) Non ho letto "l'uomo che ride", questo perché per il mio esame di Francese all'università si richiedeva la conoscenza di tutto l'ottocento, autore per autore, quindi tutte le loro opere!oggi basta presentarsi con la tassa d'iscrizione pagata il resto è...fotocopia, dispensa e poco altro, infatti i ragazzi di oggi sono tutti delle menti! Si laureano dopo una settimana dall'iscrizione! E' strabiliante! O dovrei dire "Gelminiano", non solo in verità, perché già la Moratti ci aveva messo del suo...
    Ma tornando ad argomenti seri, gente come Hugo, Vigny, Sand,Dumas père-fils, Balzac, Stendhal,Flaubert, Gautier, Zola, Huysmans, Maupassant e chissà quanti altri (limitandosi alla prosa) impossibile conoscere ogni opera di tutti, a meno che uno sia una mente o abbia frequentato un liceo, e io non possiedo nessuno dei due privilegi,forse nemmeno m'interessa. Però grazie al tuo commento d'ora in avanti ricorderò sempre questo nome Hugoliano e prima o poi il romanzo lo leggerò (per altro un giorno ho tenuto una lezione all'università -momenti di vana gloria- e il prof mi tira fuori proprio la storia del bambino sfigurato che sembrava ridesse sempre, e io ho barato, ostentando sicurezza per una cosa che ignoravo del tutto :-))
    Il finale del libro, dalla trama veloce che ho letto prima di risponderti fa molto "Nostra signora di Parigi". Nel cartone disney "il gobbo di Nòtre Dame" vissero tutti felici e contenti, ma nel romanzo è un dramma infinito. Esmeralda muore di pubblica esecuzione, e Quasimodo si lascia morire con lei nella fossa comune. Lo capiranno anni dopo perché la sua spina dorsale è deformata ma non spezzata sul collo come quelle degli altri decapitati. E pensare che oggi un uomo ti scappa se gli fai un commento di troppo... come cambiano i tempi! :-)
    Per il resto, ovviamente sono d'accordo.
    Volevo dire nel post che la protesta a Roma e nel mondo era sacrosanta, ma st'imbecilli rivoltosi hanno rovinato tutto con la violenza, e ho scelto l'immagine finale del Caravaggio, che è quella di Davide e Golia, perché al di là del simbolo, la mente può molto più della semplice forza. L'ho scelto anche perché se qualcuno mi chiedesse a bruciapelo "definiscimi la tua idea di bellezza" io direi "Caravaggio", quindi s'intona alla perfezione con il pensiero del grande maestro! Quando ho sentito che entravano nelle chiese e deturpavano l'arte, è a lui che ho pensato tutto il tempo.
    A presto Orlando!

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  3. ps: spero ti piaccia la nuova grafica del blog. Oggi sono uscita pazza perché mi si è scompaginato tutto!! :-)

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  4. la letteratura è così vasta che non ci basterà una vita per colmare tutte le nostre lacune. Io posso aver letto "l'uomo che ride" ma mancano all'appello centinaia di altri classici, quindi.. però la cosa bella è che ci piace leggere e proviamo a tenere il passo, e questo non è poco.. ;)
    ovviamente resta inteso che colui che ha distrutto quella madonna di 100 anni fa è un perfetto idiota..

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  5. Decisamente IDIOTA! Ma sulla nuova grafica hai taciuto... mmmmmm :-) tanto non la cambio! E' la mia scrittura a penna in un blog a tasti! Vale quasi quanto la madonna :) scherzooo!!!
    Ciao Anonima Lù!!

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