venerdì 9 dicembre 2022

Paul Auster. Invisibile

 Paul Auster. Invisibile. 2009 

Traduzione di Massimo Bocchiola. 

223 pagine Divise in 4 parti. 

Edizioni Einaudi. 

Paul Auster. Invisibile.
Al  bar Pasquini. Senigallia.
Insieme a me e ai piccioni. 

Personale colonna sonora: Iron Sky. Paolo Nutini. 
We are proud individuals living on the city
But the flames couldn't go much higher
We find gods and religions to
To paint us with salvation
But no one
No nobody
Can give you the power
To rise over love
And over hate
Through this iron sky
That's fast becoming our minds
Over fear and into freedom
...

Invisibile, è ciò che non si vede. Qui è un titolo, e un titolo è per forza parte integrante del testo. 

Cerco l'invisibile in ogni dove, ma ho la noiosa sensazione di vedere tutto ciò che si vede (di quel che c'è, non manca niente...). Mi viene in mente un effetto ottico strano che m'è capitato due volte nella vita e spero mai più. In pratica, dormendo, all'improvviso vedo una luce forte, così apro gli occhi, ed è tutto buio, perché è notte. Li richiudo e vedo ancora la luce, ed è ansia ma anche meraviglia. Cosa sto vedendo esattamente? chi lo decide quanta luce devo avere negli occhi? e la carenza di luce si può rilevare dal sangue al pari della dispotica vitamina D, ugualmente legata alla luce del sole?  Quello che non vedo, invece, è davvero invisibile? o forse ho scelto io di oscurarlo, finché, di notte, senza senso e motivo, mi si accende sotto le palpebre costringendomi a vedere? 

Il libro, diviso in 4 parti, racconta la storia di Adam Walker, ventenne studente di lettere che si sogna poeta, alle prese con un tragico evento inatteso, che gli mostrerà un lato debole di sé, e lo condannerà ad eterni sensi di colpa. Lo vediamo in America, a Parigi, di nuovo in America, poi a a Londra. Abbandonerà infine la poesia per la giurisprudenza, in cerca di una "giustizia poetica" ed intanto, cercherà di elaborare il lutto della sua adolescenza, cercando di capirla, rivivendola tramite la scrittura, nei suoi tratti salienti, dunque la perdita del fratellino, l'amore eccessivo per la sorella, l'amore sensuale per Margot, una francese conosciuta in un bar col suo uomo, Rudolf Born, ovvero la zona d'ombra più forte del romanzo, il punto verso il quale i personaggi sembrano dover convergere prima o poi. Infine, Cécile, la candidata pedina di una vendetta consumata a metà, un'anima fragile, che finirà col diventare  amica di Adam (amato e non ricambiata) e anche quasi figlia e quasi moglie di Born. 

Da un punto di vista stilistico, è un continuo passarsi le storie per decidere chi debba raccontarle. Chi le ha vissute? chi le ha testimoniate, chi di mestiere le scrive? in quest'ultimo caso, evidentemente, nomi e luoghi dovranno essere camuffati. E' risaputo che la narrazione scritta consente variazioni anche sostanziali alla trama, pur riuscendo a restare in qualche modo fedeli ai fatti. Chi ha detto cosa? chi ha fatto cosa? e perché? Chi e cosa è morto esattamente? 

Cerco tracce d'invisibile, dicevamo... 

Adam Walker, è ben visibile, bello ed inconsapevole, coi suoi vent'anni in tasca, gli studi, la voglia di diventare poeta, che poi si trasforma nella voglia di darsi alle leggi, alla giustizia, qualunque cosa significhi. E' lui il "personaggio principale"? Si direbbe di si, a partire dal fatto che la prima parte del libro è scritta in prima persona, e di suo pugno. Ma è di altri che ci parla. Su tutti, uno strano tipo, Rudolf Born, conosciuto in un locale mentre è con la sua compagna Margot, francese, attratta da  Adam e ricambiata. Rudolf è un tipo misterioso, cinico, uno di cui a stento ci di può fidare, eppure offre ad Adam la concreta possibilità, assegno alla mano, di gestire totalmente una rivista letteraria. Perché lo fa? Rudolf desidera che qualcuno scriva un romanzo sulla sua vita, che qualcuno testimoni il suo passaggio sulla terra.

Born a Walker: "Un giorno finirà per scrivere la mia autobiografia, glie lo assicuro" Pag 12 

Più tardi, farà la stessa richiesta a Cécile, la figlia della sua compagna parigina. 

Cécile: "...Dicevi che stai prendendo appunti per un libro di memorie che vorresti scrivere..." 

Born: "...Esatto, adesso sono quasi pronto ad iniziare, e voglio che tu mi aiuti. Voglio che lo scriviamo noi due insieme" Pag 213 

Forse è lui che teme di scomparire, di diventare invisibile, perso fra le pieghe della sua doppia e tripla vita, priva di autenticità, confinata in un'isoletta sperduta dei Caraibi dove il caldo fonde il cervello e la capacità di pensare, dove non c'è nessuno con cui parlare. 

"Non è l'amore che Born sta cercando, bensì la sicurezza..." Pag 142 osserva Adam quando lo vede a Parigi con la sua compagna, Hélène, aristocratica, molto diversa dalla sensuale ed ombrosa Margot.  Born sembra incapace di legami, e per questo li cerca ovunque, disperatamente, con esiti sempre negativi. 

Ho ascoltato di recente un'intervista che Auster rilascia nel 2017 da casa sua, a Brooklin, e mi trovo molto nel suo modo di vedere le cose, nel procedimento che usa per scrivere. La musicalità del testo è molto importante, così come la decisione di calibrare il numero di parole da usare per descrivere luoghi e situazioni, senza affollare troppo la mente del lettore. Si definisce uno scrittore meticoloso ai massimi livelli, e molto lento. Scrive una pagina al giorno, due pagine è amazing, tre pagine è un miracolo. 

Non avevo mai letto nulla dell'autore, e questo libro mi fu regalato poco dopo la sua uscita, che risale al 2009, uno di quegli anni che ti esplode in faccia ogni volta che cerchi di nominarlo perché c'era troppa roba dentro da smaltire. Se avessi il talento di Auster, scriverei il mio 2009, ma non credo succederà. Intanto ringrazio le mie amiche per questo regalo che mi ha attesa davvero a lungo, ma si è presentato, come fanno gli amici veri, qualunque cosa significhi "amici" e "veri" e mi ha fatto da viatico in una settimana che andava elaborata con le dovute attenzioni, diciamo così. 

Ho terminato la lettura l'otto dicembre 2022, seduta ai tavoli del caffè Pasquini, a Senigallia, e fumando di gran gusto quelle cinque sigarette quasi consecutive in compagnia dei piccioni che ogni tanto si poggiavano sul tavolo per vedere come stessi, vista la lunga permanenza. Sono una fumatrice molto occasionale, nel senso che due, tre volte l'anno, mi va di farlo, così lo faccio senza regole ed è goduria assoluta, poi però mi impongo di rientrare nella più rigida astinenza, perché fumare è un vizio che mi piace, che mi congiunge a mio padre, morto nel 2009, mentre questo libro nasceva, mentre un po' morivo anche io, e mentre andavo a Parigi, come Adam, nel romanzo, in cerca di risposte a domande che ancora aspettano il loro romanzo di formazione. La vita è quella cosa che ti capita mentre cerchi di capire che sta capitando, poi, banalmente, finisce, e non sempre aspetta che tu abbia capito per farlo.

A tal proposito, tornando a casa ho visto un manifesto funebre che mi ha parecchio scossa. Era un signore che avevo visto il giorno prima, proprio in questo bar. Ci incrociamo da vent'anni almeno, senza parlarci, ma riconoscendoci. Ieri era seduto al solito tavolo, col solito caffè e oggi non è potuto venire per motivi di fine vita. Fine della storia. Può una non amicizia fare così tanto baccano? Pare di si. Muove riflessioni. Tipo una postilla alla fine del romanzo, della giornata da finire, dell'annata, anzi, del tutto, oso dire. Un invito alla relatività più smodata. Ho avuto voglia di fumare ancora, ma ormai il mio giorno del vizio smodato è finito. Dovrò aspettare qualche tempo, fato permettendo. 


Allego copia al link circa l'intervista di cui parlavo prima. Per chi volesse.

Iron Sky. Paolo Nutini.


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