"Fai di tutto per dimenticare i miei giorni difficili.
Dammi al vento perché mi porti via."
Reyhaneh Jabbari. |
Per il modo in cui ingurgitiamo notizie varie ed eventuali,
questa è già cosa “vecchia”. E’ successo il 25 ottobre 2014. Passato. Reyhaneh
Jabbari, Teheran, 1988-Karaj, 25
ottobre 2014.
L’hanno impiccata perché ha ucciso un uomo
che, in circostanze mai precisate, ha tentato di violentarla, e certe cose non
si fanno. L’hanno detenuta dal 2007 fino a questo che per lei è stato l’ultimo
anno di vita, nonostante le voci che nel mondo si sono sollevate per chiedere
la sua salvezza. Le voci non pesano nulla, soprattutto se il torto lo subisce
una donna, e non è retorica, ma evidenza storica.
“Per una Reyhaneh di cui si parla vi
sono anche due esecuzione al giorno nell’Iran di Hassan Rohani, dicono ancora i
difensori dei diritti umani…. Solo di pochi giorni fa il caso delle ragazze
sfregiate con l’acido a Ishafan perché sarebbero state «mal velate», ” –La stampa-
Non è religione, non è legge, è solo
banalità del male e del sessismo. La frenesia del padrone che tutto comanda. I genitori della vittima le chiedevano di negare che il figlio volesse stuprarla. Lei non l'ha fatto, e per questo l'hanno ammazzata. Siamo ancora gente con
la clava, solo che si è imparato a nasconderla, cara sorella.
Questa la lettera della ragazza a sua
madre:
“Il mondo mi ha concesso di vivere per
19 anni.
Cara mamma, non piangere per ciò che
stai sentendo. Il primo giorno in cui alla stazione di polizia una vecchia
agente zitella mi ha schiaffeggiato per le mie unghie, ho capito che la
bellezza non viene ricercata in quest’epoca. La bellezza dell’aspetto, la
bellezza dei pensieri e dei desideri, una bella scrittura, la bellezza degli
occhi e della visione e persino la bellezza di una voce dolce. Prima della mia
morte voglio qualcosa da te, qualcosa che mi devi dare con tutte le tue forze.
In realtà è l’unica cosa che voglio da questo mondo, da questo paese e da te.
So che avrai bisogno di tempo per questo. Ti prego non piangere e ascolta.
Voglio che tu vada in tribunale e dica a tutti la mia richiesta. Mia dolce
madre, l’unica che mi è più cara della vita, non voglio marcire sottoterra. Non
voglio che i miei occhi o il mio giovane cuore diventino polvere. Prega perché
venga disposto che, non appena sarò stata impiccata il mio cuore, i miei reni,
i miei occhi, le ossa e qualunque altra cosa che possa essere trapiantata venga
presa dal mio corpo e data a qualcuno che ne ha bisogno, come un dono. Non
voglio che il destinatario conosca il mio nome, compratemi un mazzo di fiori,
oppure pregate per me. Te lo dico dal profondo del mio cuore che non voglio
avere una tomba dove tu andrai a piangere e a soffrire. Non voglio che tu ti
vesta di nero per me. Fai di tutto per dimenticare i miei giorni difficili.
Dammi al vento perché mi porti via. Accuserò gli ispettori, il giudice e i
giudici della Corte Suprema di fronte al tribunale di Dio".
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