mercoledì 11 maggio 2022

Atti osceni in luogo privato. Marco Missiroli.

"Alla fine uno si sente incompleto ed è soltanto giovane" Italo Calvino

Atti osceni in luogo privato. Colonna sonora personale: Lift, Radiohead.

"This is the place, sit down, your safe now" 

Marco Missiroli. Atti osceni in luogo privato.  Prima edizione, 2015. Quinta edizione 2020. Edizioni universale economica Feltrinelli. 249 pagine diviso in sei parti. In copertina: L'origine du monde, fronte retro (mi piace pensarlo così) 


Nel 2017 acquistai questo libro su consiglio di scrittori affermati i quali, all'unisono urlavano "al miracolo" e "correte a leggerlo". Per me era un periodo di lutto e distacco da argomenti e luoghi che qui invece, godono di vita eterna, quindi l'ho detestato a pelle e, tempo sessanta pagine, l'ho regalato. 

Qualche settimana fa ho deciso di riprovarci, ma non so bene per quale motivo, così mi è toccato riacquistarlo e sono ripartita da capo. Cinque anni sono tanti rispetto ad alcuni lutti, e così ho potuto usare il libro per tornare su argomenti che ormai avevo sepolto. Un viaggio "A ritroso", per dirla col titolo di un altro libro per me, essenziale.

Alla maniera degli "hommes libres" di Fahrenheit 451 di Orwell/Truffaut, quasi tutti i personaggi del romanzo sono legati ad un libro che li identifichi in profondità, e due su tutti sembrano creare un fil rouge fra i personaggi, ovvero:  "L'étranger" di Albert Camus, e "Mentre morivo" di William Faulkner. 

"Oggi mamma è morta. O forse ieri, non so. Ho ricevuto un telegramma dall'ospizio: "Madre deceduta. Funerali domani. Distinti saluti". Questo non dice nulla: è stato forse ieri... ho chiesto due giorni di libertà al principale e con una scusa simile non poteva dirmi di no, ma non aveva l'aria contenta. Gli ho persino detto "Non è colpa mia" Così inizia L'étranger di Camus. 

Anche nel libro di Faulkner muore una madre.

"..E forse fu quella la prima volta che lo scoprii, che Addi e Burden poteva fare qualcosa di nascosto: lei che aveva cercato di insegnarmi che in un mondo dove c'è l'inganno, nient'altro può essere tanto brutto o tanto grave, nemmeno la miseria. Aggiunsi che il qualcosa di nascosto scoperto in mia madre era la dignità di scegliere". Pag 247 Atti osceni in luogo privato. 

Nel mezzo di una parentesi letteraria "materna", si innesta una trama "figlia" che si presenta al lettore attraverso una madre che parla a suo figlio dell'utero, ponendolo alla base della modernità, e intanto gli cucina dei cappelletti, simbolo per antonomasia di una tradizione "femmina" per nulla moderna, e anzi, molto legata al ruolo di madre-donna custode delle esigenze pratico-alimentari della famiglia. Col tempo però, i cappelletti si trasformano in madelaines prustiane, capaci di tenere in vita ciò che non esiste più, attraverso i sensi, chiamati in causa piuttosto spesso in tutto il libro così come nelle nostre vite, ci piaccia oppure no. Di questo aspetto ho amato la naturalezza. Somiglia alla vita. 

Il figlio della promotrice del binomio utero-modernità si chiama Libero, ed il suo nome suona come  un augurio che i genitori gli fanno all'anagrafe. 

Il libro è diviso in sei capitoli che pongono enfasi sulle fasi della vita: 

  1. Infanzia (12 anni. 1975. Paris)
  2. Adolescenza (16 anni. 1980.) 
  3. Giovinezza (19 anni. 1983)
  4. Maturità (23, 25 anni, Milano) 
  5. Adultità, (sui 30/34) 
  6. Nascita (poco dopo) 
Per tutto il tempo del racconto, il ragazzo cercherà di capire come somigliare quanto più possibile al suo nome, ad un homme libre, ou mieux, à un homme qui essaie de devenir libre. Ma il punto è, come si diventa liberi? e cosa significa esattamente? 
Livre/Libre distano appena una lettera in francese, ed anche in italiano: Libro/Libero. 

Nel libro si parla anche di madri cinematografiche portatrici di severi e necessari insegnamenti, una su tutte aleggia, non citata, ma più ingombrante delle altre, ed è Libero stessa ad evocarla: 
"...Quel film aveva la capacità di liberarmi. Antoine Doinel ero io e anche io volevo un mare nel mio finale di racconto". Pag 61 Atti osceni in luogo privato. 

L'altra madre è "la madre ostile" di Antoine Doinel, nel film "I 400 colpi", un'opera cinematografica figlia della Nouvelle vague, che si chiude su un lungo piano sequenza focalizzato sulla fuga di Antoine dal riformatorio verso il mare. Ricordiamo che "la mer", il mare, in francese è femminile è si pronuncia come "La madre" ovvero "la mère".

Ho letto critiche nelle quali il mare, nel film, è un simbolo del liquido amniotico, e dunque evoca il desiderio frustrato di Doinel nei confronti di una madre ostile, che è meta ed al contempo, ostacolo naturale invalicabile. La madre di Doinel aveva un amante, e le sorti di Antoine si incrinano del tutto quando per caso la scopre con lui in città e cerca invano un patto di lealtà col padre. Anche la madre di Libero ha un amante, e anche la vita di Libero, adolescente, subisce un cambiamento quando vede coi suoi occhi, per caso, l'atto carnale del tradimento che infrange un patto, che incarna la menzogna, che fa del male gratuito al padre, e che asseconda un'inclinazione naturale degli uomini e delle donne, senza contare gli effetti collaterali del voyerismo, al quale, a volte, risponde la carne prima che la mente. 

Il tradimento si presenta in questo libro come una tara genetica, un fatto inevitabile, tuttavia, a grandi linee, sopraggiunge la coscienza di una banale evidenza, e cioè  che si sopravvive, perché la gente si resetta, ricomincia altrove, come è successo in parte a Marie, meno a Mr Marsell, il padre del ragazzo, e non sappiamo che ne è stato di  Mario.

I corpi si cercano per istinto, si trovano per alchimia, e resistono se c'è quel di più, che fa del corpo un luogo di inizio e non di consumo e fine. 

Duras, Miller o Nabokov, o ancora Kundera? 

I libri, come dicevo, sono mappe mentali, stradari generazionali, luoghi che portano verso altri luoghi ed altre persone, possibilmente affini, e la lista è lunga, perché accompagnano tutta la vita del ragazzo, anche quando non riesce a leggere e si affida al karma del cammino, della strada. Tutto suona come qualcosa di udibile, in musica, o guardabile al cinema o leggibile sui libri, ed è bello che ci siano così tanti rimandi, perché  non esiste un uomo libero che non abbia attraversato con la mente almeno qualche libro fondamentale, per questo il ragazzo, complice Camus col suo Etranger, decide di studiare giurisprudenza. Vuole stare dalla parte giusta del mondo ed aiutare i senza diritto in lotta contro i titani della legge, ma poi ci ripensa e decide di insegnare, giacché capisce che l'affermazione del soi-mème permette agli individui di crescere, e soprattutto, capisce che il personaggio di Camus era estraneo a se stesso, e dunque era impossibile per chiunque poterlo aiutare. 

"Meursault di Camus, il mio Straniero, non doveva essere liberato da qualcuno. Era lui che si sarebbe dovuto liberare, prima della morte della madre, prima della solitudine apatica e dell'istinto omicida che covava, prima di diventare étranger. Giustizia o ingiustizia sono inutili per chi perde soi mème." Pag 213

I luoghi  cardine del romanzo oscillano fra Parigi e Milano. 

"Allungai il collo dal finestrino e sbirciai la mia  Parigi che dall'alto è d'argento. Adieu, e la disprezzai con tutto me stesso per la sua bellezza folgorante" Pag 110

Parigi, la ville lumière del mito letterario-cinematografico, in particolare, la terra della nouvelle vague, dell'esistenzialismo di Sartre e Camus, passando per Les deux magots, un locale frequentato dal padre di Libero, un uomo mite, di sinistra, sostenitore di rimedi omeopatici, paziente, silente eppure essenziale. Nel 1980, in quel bar succede un fatto enorme, muore un anziano frequentatore, col quale il ragazzo aveva scambiato deux mots; era Jean-Paul Sartre, legato a Camus da un rapporto tutto sommato conflittuale, spesso i due vengono riassunti nei libri di testo, sotto la voce "Esistenzialismo", ma uno dei due non era poi così d'accordo.

Il decesso dell'autore de "La nausée" crea una nuvola di orfani bisognosi di padri di ideologie, costretti ad accontentarsi di quel che resta, e soprattutto costretti ad assistere alla nascita di un nuovo polo di attrazione turistica nella città in cui tutto o quasi, nel tempo diventa pseudo museo. Di questa Parigi multietnica e culturale, viene mostrata anche la negritudine, non quella di Cèsar e Senghor, non direttamente, ma quella di Lunette, la farfalla nera, l'attrazione primordiale, l'iniziazione verso un mondo che si scardina dalla prima persona singolare e si avvia alla pluralità. 

Milano è nel libro, il luogo del ritorno, del cambiamento, è un posto caotico ma essenziale, è il traffico di Parigi senza Parigi, è qualcosa di vicino alle atmosfere della dolce vita, fra un'ombra di Mastroianni e l'evocazione di una splendida Cardinale, è il luogo nel quale Libero può vivere da cane sciolto, è l'area dell'accumulo, della "carneficina", della lista per il gusto della lista, con quel senso di attrazione e vuoto che solo le liste sanno generare, è la città degli "atti osceni", questioni private nelle quali, sembrerebbe, ci si sporca le mani, e invece sono essenziali per crescere e forse per consumarsi e poi la fine, la promessa di un nome che sembra essere mantenuta. 

Grazie Missiroli per questo viaggio in autostop che ho consumato di fronte al mare, coi piedi sulla sabbia, ascoltando Lift, dei Radiohead "this is the place, sit down, you're safe now", di fronte alla mia mer, ai miei ricordi, ai libri ed ai film che mi hanno permesso di fare qualche passo in avanti, anche se, melheureusement, je ne m'appelle pas Libera, e Marie mi ricorda qualcuno che conosco, ma poco importa alla fine. 

"I morti sanno solo una cosa, che è meglio essere vivi". 

 Merci cher Marco. 

 



 

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