Corso di Percussioni e Danze africane, a Fano ed a Senigallia.
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Ph. Riccitelli Luisa, presso Crazy Djembe- Senigallia. |
Vi racconto la mia nuova avventura dalle parti del... Djembe, partendo dal principio, naturalmente!
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Negli anni Novanta, frequentavo il Crazy Dance. Era una scuola di danza moderna, molto in voga a Senigallia e non solo. La frequentavo con lo stesso fervore col quale i mistici vanno in cerca dei loro dèi nel buio delle chiese.
Il mio era un fanatismo importante, visto da qui. Vivevo tutto il giorno in attesa di quelle tre ore. A guardarmi oggi, non se ne ha il sospetto, eppure ero fissata su alimenti e rigori del corpo, che comandavo a bacchetta. Per tutto il giorno ero una segretaria che si sognava altrove. Vivevo in attesa che scoccassero le ventuno.
Dalle nove fino a mezzanotte, dentro a quelle stanze magiche, mi sembrava che le ore avessero senso. Avevo senso mentre mi intrecciavo alle note, muovendomi con loro e sentendole addosso. Era molto di più di andare a danza, era cercare un ritmo di vita, era scrivere una coreografia personale sul proprio vissuto. Non era come adesso. Le foto erano pochissime e di circostanza. Per pura ironia, una delle poche che mi sopravvive, riguarda le prove generali di una danza che, in qualche modo, si voleva africana.
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Souvenir. |
Il tempo si è portato via tante cose, più o meno belle. La scuola ha cambiato sede ed identità, proseguendo con eguale e meritato successo (Planet Fitness) io invece ho cambiato strada, tipo una sterzata sul ghiaccio, e addio Crazy dance. Gli addii sono romantici, sicché uno rimane legato all'idea di ciò che era e che, per forza di cose, non sarà più.
Vero anche che, ciò che inizia col "Crazy", non si cancella solo perché hai cambiato strada. Gli istinti alla vita sono cose che non si cancellano per fortuna, e la danza era il mio istinto, oso dire, la mia vita "profonda".
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Ph Riccitelli Luisa. Crazy Djembe Dance Class. Senigallia. |
Penso sia stato l'eco della parola "Crazy" a mettermi sulla strada di questa nuova aula, ma l'ho capito solo ieri, perché solo ieri ho realizzato che questi due viaggi iniziano con la stessa parola. Ed ecco dunque che, Dal Crazy Dance al Crazy Djembe, è stato un attimo lungo appena trent'anni, ma chi li conta?
Le dinamiche della "Classe" rischiano di spaventare una come me, che per trent'anni si è abituata ad un approccio totalmente autonomo su qualsiasi disciplina. Sono andata alla lezione di prova per curiosità. In zona parcheggio ho avuto voglia di andarmene perché mi sentivo mia nonna intrappolata nel corpo di mia nipote e non sapevo se portarmi o andarmi a prendere, come fanno i nonni, o se dovevo partecipare senza viaggi mentali.
Sono andata alla fine, e ci ho trovato tutto un universo che in parte avevo presentito. Mi sembra che li dentro siano tutti bellissimi, perché nessuno cerca di somigliare a qualcosa. Vedo identità che cercano una loro armonia, come dovremmo fare tutti, e mi piace essere lì.
Sono alla mia terza lezione e continuo a sentire cose prima ancora di pensarle, e per come sono io, non è male.
Di solito, nel mezzo delle esecuzioni, mi cade addosso una sensazione che definirei "Di ritorno". Mi sembra infatti di tornare da un posto dove ero già stata, e ci ero stata bene. La continuità dei ritmi crea anche un effetto simile a un estraniamento, ma in senso positivo. Bisogna pensare solo al tempo.
Non servono studi per capire come mai sia così in auge la disposizione "A cerchio" in varie discipline. Il cerchio comunica continuità, appartenenza, unità, e immagino ci occorra più di quanto possa sembrarci.
La sensazione di armonia che si respira, deriva dal fatto che un numero importante di mani battono all'unisono su delle pelli tese, producendo un suono ancestrale, che anche i primi uomini sulla terra producevano e sentivano, esattamente come lo sentiamo noi. Trovo miracoloso che si riesca a farlo insieme nonostante ci siamo visti soltanto tre volte.
La sensazione di "staccare" completamente dai propri meccanismi mentali, dai problemi a casa, dai problemi in macchina, dai problemi tutti. In quel lasso di tempo, bisogna emulare un gesto per produrre un suono e deve essere un suono che somigli a quello degli altri. Ciò comunica un importante, un irrinunciabile senso di "comunità", ben oltre la metafora.
Di recente vado poco al cinema, ma per anni sono stata una che viveva nel chiuso di quei luoghi bellissimi, sicché alcuni film mi si sono incollati addosso. Uno di essi, e ci penso tanto in questi giorni, è senz'altro:
"The visitor" tradotto; "L'ospite inatteso", del 2007.
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"The visitor". 2007 di Tom McCharty |
La trama, a grandi linee:
Un uomo, rientra a New York per motivi di lavoro, dopo lunga assenza, e trova il suo appartamento occupato da una giovane coppia di migranti irregolari. L'uomo decide di ospitarli lasciando loro il tempo di trovare una nuova sistemazione. Il ragazzo intanto gli insegna a suonare il Djembe, riportando nella vita di un accademico stanco e vedovo da cinque anni, "il ritmo" che la cattedra non sapeva più dargli. Come sempre nella vita, sono gli incontri a cambiare le persone.
(Gli accademici praticano quasi sempre un approccio frontale: da una parte il docente, dall'altra, gli studenti.) Il Djembe si suona invece a circolo, tutti insieme, tutti sulla stessa linea: chi insegna come chi apprende.)
Il finale del film è tristemente simile ai fatti di storia attuale...Al netto di tutto, quest'uomo non ha più smesso di suonare il Djembe e io non l'ho mai dimenticato.
Ph. Riccitelli Luisa. Matteo Luzi, insegnante di Djembe. |
Torniamo a noi:
Il ragazzo nella foto è Matteo Luzi, e si impegna con passione e metodo nel suono e nell'insegnamento dello Djembe. Insegnante delle danze africane, è invece il bravissimo Bifalo Kouyate che puoi vedere nella foto precedente.
Se desideri provare una lezione, c'è ancora tempo!
Le Lezioni si tengono il Martedì a Fano e il Giovedì a Senigallia.
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