mercoledì 26 novembre 2014

Il dilemma dell'onnivoro. Libro.

Tu sei mercato? 
 DI MICHEAL POLLAN
Adelphi editore- 
 2008


Riporto qui di seguito una pagina di intro a questo libro corposo come "guerra e pace", perché giro attorno a questi argomenti da anni, senza conoscere la risposta, ma nella certezza più assoluta che le domande che ci facciamo, siano quelle sbagliate, e anche i rimedi proposti, il più delle volte finiscono, nel lungo periodo, con generare reazioni incredibilmente incontrollabili e nocive per il singolo e per l'intero sistema. 
Il libro è "americano" e l'autore precisa che noi siamo messi meglio, ma è del 2009, e non tiene conto del fatto che noi europei siamo inestimabili "fans" della cultura americana, che sistematicamente importiamo, quindi il problema è anche nostro, e ci arriva a rate, e in ritardo, ma somigliano molto alle loro, le nostre ossessioni telecomandate. 

Mi sembra anche che queste poche parole, siano serenamente applicabili a tutto ciò che, con stupida fierezza, si definisce "trend", come se non si avesse la benché minima coscienza di essere pilotati da gente che dietro a teoriche ideologie, intende guadagnare montagne di denaro, e in cambio ci  chiede "solo" di essere acritici, sciocchi, puerili, semplici, manovrabili. Tipo... si è mai vista come nell'ultima decade, una più epidemiologica esplosione di tutorial di ogni sorta e maniera? Il sotto testo è che le cose più banali della vita, ora non le sappiamo più fare, quindi occorre qualcuno che ce le illustri e a noi, la soddisfazione di imitare, rifare... e basta. 

Rolf Ohst.

“IL DISORDINE ALIMENTARE AMERICANO” – Intro
-Cosa mangiare per pranzo?
A mio parere l’assurdità della situazione divenne palese nell’autunno del 2002, quando uno dei più antichi e venerabili mezzi di sostentamento scomparve di punto in bianco dalla tavola degli americani (e non solo?). Un attacco collettivo di fobia per i carboidrati –non saprei come definirla altrimenti- colpì una nazione non ancora riavutasi dalla sua venticinquennale fobia per i grassi. 
Nel 1977, all’epoca dell’amministrazione Carter, un’apposita commissione del Senato aveva stabilito una serie di “obbiettivi alimentari”, ammonendo gli americani, grandi amanti della bistecca, a ridurre drasticamente il consumo di carne rossa, e l’intera popolazione fino ad allora, si era scrupolosamente adeguata.
A cosa serve questa nuova inversione di rotta? Tutto lascia pensare che sia stato un attacco mediatico perfettamente coordinato, con nuovi libri di diete, articoli scientifici e un pezzo uscito su una rivista proprio al momento giusto. Le nuove diete, in gran parte ispirate alle teorie (già screditate) del Dr Robert C. Atkins, diedero agli americani la notizia che tutti volevano ricevere: contrordine, potete perdere peso mangiando carne, purché mettiate da parte pane e pasta.
I regimi alimentari iperproteici a basso consumo di carboidrati, trovarono sostegno in nuove (poche) ricerche epidemiologiche, in cui si insinuava il dubbio che l’ortodossia nutrizionista americana degli ultimi anni potesse essere sbagliata. Forse non erano i grassi a renderci obesi, come si era sempre detto, ma i carboidrati, che finora avevamo consumato senza problemi. I tempi erano maturi per un bel giro di ruota. Nell’estate 2002, il New York Times Magazine pubblicò una storia di copertina il cui titolo diceva più o meno: “E se i grassi non facessero ingrassare?”.
Nel giro di pochi mesi, la nuova religione dietetica fece riscrivere i menu dei ristoranti e rivoluzionò gli scaffali dei supermercati. La bistecca riebbe la fedina penale pulita, mentre due degli alimenti più insospettabili e comuni che l’uomo conosca, la pasta e il pane, furono macchiati da un dubbio infamante. Decine di panetterie e pastifici, fallirono, e un numero incalcolabile di piacevoli occasioni conviviali, fu rovinato.

Un cambiamento così radicale nelle abitudini alimentari di un popolo è sicuramente il segno di un disordine alimentare diffuso. Un fatto del genere non sarebbe mai potuto accadere in una società che possiede solide tradizioni riguardo al cibo e al modo di mangiare. Ma ancor prima, una società siffatta, non avvertirebbe mai la necessità che il supremo organo legislativo stabilisse “obbiettivi alimentari” o che periodicamente si combattessero vere e proprie politiche attorno alla composizione della “piramide alimentare” decisa dal governo. Un paese con una forte cultura del cibo, non spenderebbe ogni anno, a gennaio, milioni di dollari per l’ennesimo libro sulla dieta pieno di sciocchezze o di banale buonsenso. Non sarebbe preda di mode e paure sempre nuove, non oscillerebbe anno dopo anno tra l’esaltazione di certi cibi e la demonizzazione di altri. Non scambierebbe mai una barretta proteica o una pillola di integratori per un vero pranzo, o una tazza di cereali per una medicina. Non consumerebbe un quinto dei pasti in auto, non farebbe mangiare un terzo dei suoi figli nei fast-food tutti i giorni. E di sicuro, non sarebbe pieno di obesi. …. Come è possibile che una nazione ossessionata dal mangiare sano sia così palesemente malata? 


Sullo stesso argomento, ma in versione: Ormai è tardi: Binge Eating Disorder

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