sabato 7 febbraio 2015

Souvenir Srebrenica.

"Io sono nata in un paese davanti al mare, il mare Adriatico. 
Da bambina io mangiavo poco, e allora mia nonna mi rincorreva con il cucchiaino in mano fin sulla riva del mare, ma lì ero costretta a fermarmi. Dov'è che va tutta quest'acqua? cos'è che c'è dall'altra parte? Cosa c'è dall'altra parte? allora pensavo che proprio davanti a me, dall'altra parte del mare c'era una terra, e su quella terra una spiaggia, dove una bambina correva.... 
...Per un po' di tempo io me la sono scordata quella terra di là dal mare. Io di qua, lei di là..."

-Souvenir Sebrenica 2006- 
Souvenir, come ricordo, ma in lingua "straniera", perché sempre il ricordo, si trova altrove. Srebrenica, come geografia, perché è un luogo prima ancora che una questione numerico contabile. I numeri da contare, sono le vittime di una guerra che vent'anni fa, abbiamo sentito raccontare in TV alla voce "Guerra nei Balcani" per poi dimenticarla, e passare ad altre guerre, altri fatti, da digerire in mezzo ai pasti, fra cronache varie, e crisi economiche. 

Della guerra, come concetto, sappiamo la "nostalgia", che riviviamo oso dire, "volentieri" guardando un bel film, di quelli che già dalle prime note, si sa come andranno a finire. Il cappottino rosso della bambina di Schindler's list, e tutta una serie di uomini a righe dominati da uomini armati, in divisa e feroci. Lì ci sono i forni crematori - li vediamo- i fucili -li vediamo- le docce, il male contro il bene, l'arroganza contro la resa. Vince il bene. E' quasi "facile" da gestire, è tollerabile, perché poi arriva la fine, e l'illusione di poterlo chiamare "passato".

Nei giorni della "memoria", inventati in un'ora di malafede verso la collettiva e compulsiva coazione a ripetere, siamo soliti proclamare che cose simili non devono succedere mai più! Eppure, con numeri diversi, o meno raggruppati, e  modi diversi ed ugualmente "fantasiosi",  ma non meno atroci, quelle cose non hanno mai smesso di ri-succedere. Ricordo ancora un gruppo di profughi bosniaci all'Hotel Torino, a Senigallia. Anche loro raccontavano di piccoli campi di concentramento, nei garages di condomini, che oggi forse sono tornati ad ospitare macchine. Gente uccisa, o seviziata, e poi lasciata libera, perché colpendo giovani e ragazze, si mirava a distruggere due generazioni invece di una sola. 

Le armi non hanno mai smesso di lavorare, da che le hanno inventate, e se è vero che capire è difficilissimo -per me lo è- bisogna pure provare ad umanizzare, ovvero a razionalizzare qualcosa che al momento ci appare lontano, eppure è qui, persino sulle nostre teste. Proprio ieri Monti, col calore che lo contraddistingue, annunciava dalla Gruber, che "siamo in guerra". Senza fare una piega. L'altro ospite, sorridente e ottimista, ha smentito, però che strano, mi sono detta, perché il clima è quello, ed è in linea con ingombranti anniversari, anche se è passato pochissimo tempo dal giorno della memoria e da tutto ciò che accade in luoghi a noi più lontani. Cosa esattamente ci siamo dimenticati, nonostante "la memoria"?  

Forse è una mia impressione, ma il cinema degli ultimi anni in Italia, ha qualcosa dei telefoni bianchi. Una dolce ovatta per soffocare istinti alla riflessione che levi dal proprio giardino. Lì si celebrava la coppia ed il lieto fine, qui invece, in linea coi tempi... Crisi individuali, crisi di coppia, crisi dell'individuo nella coppie, crisi delle coppie fra individui, crisi solitarie, crisi promiscue,  crisi tout court (fa fico e un po' snob, mi scuso). Le crisi mondiali si risolvono spesso con eroici americani che, eroicamente lanciano armi, o le puntano in faccia, ma è tutto troppo semplice e irreale, per provare a dimenticare che si è al cinema. 

Sul teatro ci sarebbe altro da dire, ma sempre crisi mi pare, nel senso che qualcosa anche lì manca, tuttavia, esistono una quantità di progetti utili ed interessanti, che è bello conoscere, ed è giusto promuovere. 



"Souvenir Srebrenica" è il titolo di un'opera di teatro documentario realizzata da Roberta Biagiarelli, artista marchigiana che stimo particolarmente per le sue ricerche storico sociali, e per il modo originale col quale porta in scena soggetti poco convenzionali, eppure molto attuali.

Come si nota nella foto, il titolo "A come Srebrenica" è diverso da quello usato in principio, ma  l'argomento è lo stesso, anche se in un caso si tratta di recita a teatro, nell'altro, si tratta di un video molto suggestivo, ugualmente recitato, ma con l'ausilio di una regia che coordina le  riflessioni dell'artista con scene di vita reale inerenti Srebrenica. Documenti di ciò che è stato, di ciò che è rimasto, a partire da una brutta conta di morti, da parte di gente che ancora oggi, cerca il trovabile del suo passato. 

Consiglio a chiunque la visione di questo lavoro, che nel 2007 è entrato nella rosa dei candidati al premio David di Donatello, nella sezione documentari. Consiglio la visione del video, e se capita, quella dal vivo, perché in ogni caso, non rimarrete indifferenti, né troppo "appagati", come è giusto che sia.

A Tal proposito, per commemorare il ventesimo anniversario del genocidio di Srebrenica (1995-2105) Roberta eseguirà una replica dello spettacolo: mercoledì 11 febbraio 2015, ore 21:30 a Marotta Mondolfo PU, non più presso Villa Valentina, in viale Carducci!! 
CAMBIO LOCATION.
ATTENZIONE!
Per via dell'alta partecipazione lo spettacolo verrà rappresentato presso la sede della CROCE ROSSA di Marotta, in Via Europa (vicino al casello dell'autostrada)
Mappa: https://goo.gl/maps/JoQEm

"Intorno al 9 luglio 1995 l’armata serbo bosniaca attacca la Zona Protetta di Srebrenica e il territorio circostante. L’offensiva si protrae fino all’11 luglio 1995, giorno in cui le unità serbo bosniache entrano in Srebrenica.
Seguono stupri, mutilazioni, esecuzioni di civili, sepolture di vivi.
Ma il massacro di 9.000 civili di quella metà di luglio del 1995 è solo l’epilogo di una storia iniziata tre anni prima, una storia di Assedio.

Srebrenica
di e con Roberta Biagiarelli
regia Simona Gonella 
produzione Babelia & C.- progetti culturali
consulenza Luca Rastello" - da Facebook- Link

Allego anche un link alla sua pagina: Babelia, progetti culturali , ed allego un piccolo estratto: 

"...Mi sono messa in gioco concretamente, attivandomi com’è nella mia natura, ho fatto la giornalista, l’archeologa, la segretaria, l’esploratrice, la sociologa, l’antropologa, l’addetta alle pubbliche relazioni, l’agente di viaggi, la sceneggiatrice, la produttrice. 
Ebbene io non sono niente di tutto questo. Io sono un’attrice, o meglio, come mi definirono tempo fa, una viaggi-attrice.
In Souvenir Srebrenica ci ho messo dentro quello che credo di saper fare: il teatro e la mia capacità di creare relazioni, di organizzarle nel tempo e nello spazio tra loro." Roberta Biagiarelli 

 "...Il risultato raggiunto è un ibrido, un assemblaggio di differenti materiali, un affresco di Srebrenica oggi, una sorta di tappeto simile a quello sul quale io recito la testimonianza di A come Srebrenica da 8 anni.Ci sono io, col mio modo di fare il teatro, ci sono i testimoni, cioè i cittadini di Srebrenica oggi, le immagini d’archivio, il processo in corso al Tribunale penale dell’Aja, le video-lettere dall’assedio e le immagini della sepoltura collettiva dell’11 luglio 2005. Il film documentario è un intreccio di fili di colori diversi, di trame d’umanità uscite fuori dal telaio della vita e della Storia." Roberta Biagiarelli

Dice di lei Paolo Rumiz: 
 "E’ giusto che sia una donna a dirci tutto questo. Solo una donna sa assumersi la fatica della memoria nera. Roberta Biagiarelli ci guarda dritto negli occhi, ci rammenta che la Bosnia è il monumento alla nostra vergogna di europei.Mi onora che sia un’italiana a farlo, figlia di un popolo che con la storia fa spesso il furbo, si autossolve e dimentica come pochi. A Srebrenica sono rimaste le donne. L’unica speranza sono loro. Vecchie e giovani che provano a ricominciare, come niente fosse. Come se gli assassini dei loro figli non fossero più in circolazione, come se i bambini rimasti non dovessero giocare in scuole sporche di sangue, su erba che puzza di morte. Come se il mondo non le avesse tradite, e l’Europa avesse una dignità. Roberta ci guarda, in piedi nel mattatoio vuoto, ci dice che non è finito niente."




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