(umana)
Cambiano in continuazione i metodi della mattanza.
Cambiano a seconda che la guerra sia “propriamente detta” o “civile”. In zone
di non-guerra, gli attentati creano confusione, perché non si sa più in che
casella collocarli. È guerra civile? E’ una guerra flash mob? Come si chiamano
questi attentati al netto del senso generico della parola?
Se non ricordo male, tutto ebbe inizio... dal
sottosuolo. Si saltava tutti insieme, in zona Metro, come i topini che vivono
fra le rotaie, invasi da una coltre di fumo asfissiante. Fa impressione la sola
idea. L’aereo su grattacelo, quanto a lui, drammaticamente filmico, di quei
film tipo “Inferno di cristallo”, quindi spettacolare.
Di recente, fra Parigi e Londra, questi giustizieri
sembrano aver perso la bussola, sono indecisi ma anche molto motivati, allora
prendono di mira i locali, così che si colpisca il Loisir tanto amato dai
francesi e non solo da loro (Bataclan e compagnia), ma anche la leggerezza dei
ragazzini che vanno a vedere una quasi bambina che canta (Manchester, di
recente). Bisogna puntare al sorriso. Che sia chiaro, la festa è finita per
tutti e allora, la trovata ultima consiste nell'andare per strada, cioè nel luogo in cui, più
che altrove, e lo dico come se avesse senso, sapendo che non ne ha,
comunque… più che altrove, la gente, per strada, passa per caso.
Su una strada ci passa anche chi non va ad una festa. C’è chi torna da lavorare, chi ci sta andando o chi, da turista si gode il London Bridge, che è una meraviglia, c’è chi vive a Londra, è nato lì, e non glie ne frega niente della bellezza del luogo, ma vive dietro l’angolo, quindi lì ci deve passare, e poi ci sono loro, i messaggeri di morte. Arrivano con tutta quella premeditazione in vena, senza un grammo di preavviso, e danno inizio al flash mob, chiamiamolo così.
Su una strada ci passa anche chi non va ad una festa. C’è chi torna da lavorare, chi ci sta andando o chi, da turista si gode il London Bridge, che è una meraviglia, c’è chi vive a Londra, è nato lì, e non glie ne frega niente della bellezza del luogo, ma vive dietro l’angolo, quindi lì ci deve passare, e poi ci sono loro, i messaggeri di morte. Arrivano con tutta quella premeditazione in vena, senza un grammo di preavviso, e danno inizio al flash mob, chiamiamolo così.
Dura il giusto, poi finisce, ma è l’impressione ciò
che conta. Quando uccidi qualcuno con un coltello, per dire, vuoi fare una
“più bella” impressione, perché le bombe falciano a grappolo e a caso, invece
quello o quella o quelli da accoltellare, li sceglie il giustiziere assecondando gusti personali o rispettando degli ordini di riferimento, e va a sapere se ti tocca! Lui arriva, ti
guarda negli occhi e decide che per te il viaggio finisce qui. Ok, stavi
tornando dal lavoro, hai fatto uno stage, stai studiando lingue e poi te ne
torni all'università, ma non è un suo problema, per te finisce qui, e non c’è
logica, ma tanto dolore.
Una lama che ti entra in corpo mentre un uomo ti guarda e ti trattiene per colpirti. Che si prova nel farsi penetrare da una lama? Quanto tempo serve prima di morire? Non lo so. Però ho letto un libro anni fa che mi ha saputo spiegare cose sul tema che nessun film mi ha fatto anche solo sospettare. Lui è uno scrittore eccelso naturalmente, e lo capisci dal fatto che non devi porti neppure la fatidica domanda, ovvero, che significa essere bravi scrittori? E questo in particolare... mi piace? Non serve, dicevo, perché lo sai già. Ti ha spiegato come si ammazza un uomo e tu l’hai capito al punto che ti si gela il sangue. Allora, se la parte “alta” oggi è frastornata fra delusioni di goal, caldo afoso, ingressi gratuiti ai musei più zero voglia di andarci e relativa apatia verso i fatti, gli ennesimi fatti di Londra, non mi resta che il mestiere delle scimmie, ovvero citare qualche riga di un libro, che ai tempi mi spiegò con una precisione che farebbe impressione al chirurgo, come si ammazza un uomo.
Una lama che ti entra in corpo mentre un uomo ti guarda e ti trattiene per colpirti. Che si prova nel farsi penetrare da una lama? Quanto tempo serve prima di morire? Non lo so. Però ho letto un libro anni fa che mi ha saputo spiegare cose sul tema che nessun film mi ha fatto anche solo sospettare. Lui è uno scrittore eccelso naturalmente, e lo capisci dal fatto che non devi porti neppure la fatidica domanda, ovvero, che significa essere bravi scrittori? E questo in particolare... mi piace? Non serve, dicevo, perché lo sai già. Ti ha spiegato come si ammazza un uomo e tu l’hai capito al punto che ti si gela il sangue. Allora, se la parte “alta” oggi è frastornata fra delusioni di goal, caldo afoso, ingressi gratuiti ai musei più zero voglia di andarci e relativa apatia verso i fatti, gli ennesimi fatti di Londra, non mi resta che il mestiere delle scimmie, ovvero citare qualche riga di un libro, che ai tempi mi spiegò con una precisione che farebbe impressione al chirurgo, come si ammazza un uomo.
“Quale resistenza possedeva la carne?
Cen si affondò convulsamente il pugnale nella carne del braccio sinistro. Il dolore (non era più capace di pensare che quel braccio era il suo) l’idea del supplizio sicuro se il dormiente si fosse svegliato, per un secondo gli sembrarono una liberazione. Meglio il supplizio che quell'atmosfera di follia.
Cen si affondò convulsamente il pugnale nella carne del braccio sinistro. Il dolore (non era più capace di pensare che quel braccio era il suo) l’idea del supplizio sicuro se il dormiente si fosse svegliato, per un secondo gli sembrarono una liberazione. Meglio il supplizio che quell'atmosfera di follia.
S’avvicinò. Era proprio l’uomo che aveva visto, due
ore prima, in piena luce. Il piede, che quasi toccava il calzone di Cen, girò
improvvisamente come una chiave, tornò alla sua posizione, nella notte
tranquilla. Il dormiente sentiva forse la sua presenza, ma non abbastanza per
svegliarsi… Cen ebbe un brivido: Un insetto correva lungo la sua pelle. No, era
il sangue che sgorgava dal suo braccio. E sempre quella sensazione di mal di
mare.
Un gesto solo, e l’uomo sarebbe morto. Ucciderlo era
niente. Toccarlo invece era cosa impossibile. E occorreva colpire con
precisione. Il dormiente, supino, nel centro del letto all'europea, era vestito
solo di un paio di mutande corte, ma sotto la sua pelle grassa, le costole non
erano visibili. Cen doveva prendere come punto di riferimento le punte delle
mammelle. Sapeva quanto sia difficile colpire dall'alto in basso. Perciò teneva
alzata la lama del pugnale, ma la mammella sinistra era più lontana… cambiò
posizione del pugnale. Lama orizzontale. Toccare quel corpo inerte era
difficile quanto colpire un cadavere, e forse per gli stessi motivi. Come
evocato da quell'idea di cadavere, un rantolo si levò. Cen non era neanche più
capace di rinculare perché le gambe si erano afflosciate. Ma il rantolo si
disciplinò. L’uomo non rantolava, russava. Allora ritornò, vivo, vulnerabile, e
nello stesso tempo, Cen si sentì beffato…. Si sarebbe svegliato? Con un colpo
che avrebbe trapassato una tavola, in un rumore di mussolina lacerata misto a
quello, sordo, di un urto, Cen lo fermò.
Sensibile fino alla punta della lama, sentì’ che il
corpo, respinto dal pagliericcio, veniva verso di lui. Irrigidì rabbiosamente
il suo braccio per fermarlo: Le gambe si piegarono assieme, verso il petto,
come se fossero state unite; poi d’un colpo, si ridistesero. Sarebbe stato
necessario colpire nuovamente; ma come ritirare il pugnale? Il corpo continuava
ad appoggiarsi sul fianco, instabile, e nonostante la convulsione che l’aveva
scosso, Cen aveva l’impressione che a tenerlo fermo sul letto fosse l’arma
corta su cui pesava tutta la sua massa. Attraverso il grande foro della
zanzariera, adesso vedeva benissimo la sua vittima: le palpebre gli si erano
aperte (avrebbe potuto svegliarsi?) i suoi occhi erano bianchi. Lungo il
pugnale cominciava a sgorgare il sangue, nero in quella luce falsa. Il corpo,
in procinto di cadere a destra o a sinistra, trovava ancora una certa vita nel
suo peso. Cen non poteva abbandonare il pugnale. Attraverso l’arma, attraverso
il suo braccio irrigidito, attraverso la sua spalla dolorante, si stabiliva una
comunicazione piena d’angoscia fra il corpo e il suo essere, fino al fondo del
suo petto, fino al cuore convulso, l’unica cosa che si muovesse nella stanza.
Egli stava assolutamente immobile, il sangue che continuava a fiottargli dal
braccio sinistro gli pareva quello dell’uomo coricato. Senza che fosse
sopravvenuto alcun segnale esteriore, Cen ebbe la certezza che l’uomo era
morto.”
La condizione Umana. André Malraux 1933.
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