sabato 16 luglio 2022

Kitchen, Banana Yoshimoto

Kitchen. Banana Yoshimoto Pag 148 
(Kitchen; Pleniluno (Kitchen 2); Moonlight shadow. 
Prefazione e postfazione di Giorgio Amitrano.
 Universale Economica Feltrinelli



















Nel corso degli anni Novanta, non c'era libreria che non proponesse almeno un libro dell'autrice giapponese Banana Yoshimoto. Le mie amiche leggevano i suoi libri e me li consigliavano, ma non ne ero attratta. Forse è dipeso dal fatto che mi ero avvicinata con difficoltà a Kawabata ed ai suoi  "Racconti in un palmo di mano", senza riuscire ad apprezzarli come invece meritavano. Ero rimasta al di qua della scrittura, e poche esperienze mi risultano più frustranti. 

Sul finire del 2019, ho ripreso i miei rapporti con l'Oriente, quello che ti cattura e non ti lascia più andare. La mia porta d'ingresso è stato Murakami Akuri, e da lì è arrivata anche Banana Yoshimoto, regalatami a Natale. 
Provo gratitudine nei confronti di persone come Giorgio Amitrano, che hanno trasformato la loro esistenza in un ponte di congiunzione fra culture distanti, altrimenti inaccessibili, almeno per me, che non conosco il giapponese. 
Amitrano ha tradotto molti libri di Murakami ed anche della Yoshimoto. Grazie alle sue note, ho potuto conoscere qualcosa in più  sul background culturale che ha permesso la diffusione di questi autori e dei loro testi dalle nostre parti. 

Dovessi scegliere fra i due, direi Murakami, senza esitare, ma oggi vorrei raccontare qualcosa su Banana Yoshimoto, una cameriera, figlia di un celebre critico e poeta nipponico, diventata in men che non si dica, famosa in tutto il mondo. In principio, andava per librerie a sfogliare i suoi libri, incredula all'idea che fossero diventati "un caso", un caso letterario, e come tale, l'avrebbero portata via dal circuito chiuso della cucina e della sala in cui la gente mangia, paga e, più o meno contenta, se ne va. 

Il libro si intitola Kitchen, ovvero "Cucina", e riunisce tre racconti. Kitchen è una storia molto introspettiva, personale, e pone enfasi sulla stanza della casa che, per antonomasia, è dedicata al cibo, al rituale della preparazione dei pasti e simbolicamente, all'anima della famiglia, al punto d'incontro o di distanze fra le persone,  a seconda. 
La famiglia viene qui intesa in senso "allargato", molto aperto. 

Mikage Sakurai, orfana di madre e padre, vive con sua nonna, che muore all'improvviso, lasciando la ragazza completamente sola. Non si è mai pronti alla perdita di qualcuno e per affrontare il lutto, lei si riduce a dormire ai piedi del frigorifero, perché lì si sente meno sola. 
Un giorno suona alla porta un giovane amico di sua nonna, Yichi Tanabe, disposto ad ospitarla a casa sua, con il benestare della madre, Eriko. Anche loro sono una famiglia atipica, ma hanno la bontà di accogliere la ragazza, di includerla nella loro quotidianità, e ciò le permette di superare il dolore della perdita e di prepararsi ad un nuovo trasloco verso nuove "cucine". 

"...Le persone che vogliono farcela da sole, dovrebbero prima di tutto curare qualcosa che cresce. Un bambino, una pianta, che so. Facendolo, si capiscono i propri limiti. E' un punto di partenza." Pag 40 




  

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