giovedì 28 maggio 2020

I figli del cinema non invecchiano mai. Jean-Pierre Léaud.

I figli del cinema non invecchiano mai.

Questo bambino, nato il 28 maggio nel 1944, è Jean-Pierre Léaud. 
L'abbiamo conosciuto nelle vesti di Antoine Doinel, nel film "I 400 colpi" di François Truffaut. Il titolo potrebbe suonare bizzarro, ma significa, all'incirca, fare il diavolo a quattro

Al casting per il ruolo di Antoine Doinel, c'erano tantissimi ragazzini accompagnati dalle madri, che forse volevano quel ruolo più dei loro figli. Truffaut sceglie lui perché sa che è un figlio del cinema. Ha genitori che frequentano i set, egli stesso ha già partecipato alle riprese di un film, e soprattutto, il ragazzino vuole davvero quella parte.

Il film è autobiografico, ed il regista si rivede in quel ragazzino, così lo sceglie e la storia gli darà ragione. Con lui girerà tutti i film del Ciclo Doinel, una serie di lavori dedicati alla crescita, soprattutto sentimentale, del personaggio di Antoine. Con lui, Truffaut ha girato anche Le due inglesi e il continente, adattamento di un romanzo di Henri-Pierre Roché, lo stesso che aveva scritto Jules et Jim, altro successo senza tempo del regista, ma nell'immaginario collettivo, Léaud rimarrà per sempre Doinel, e poco altro. 

"Non si piange quando si è soli" afferma lapidario il regista mentre girano scene che, in mano ad altri, sarebbero state molto diverse. Penso a Riccioli d'oro ed a quel modo, per me fastidioso, di raccontare l'infanzia nel cinema.

Un ragazzino solo, lungo le vie di Parigi, senza nessuno che si preoccupi per lui, finito addirittura in galera, avrebbe più di un motivo per piangere, ma si adegua alla vita e non lo fa, perché sa che è inutile. Deve crescere in fretta se vuole sopravvivere nel mondo dei grandi. Solo una volta, il regista gli concede il diritto di versare poche lacrime, sobrie, da adulto, e succede quando la polizia lo porta via.

Il più bel finale della storia del cinema, dicono in tanti, ma al regista quel finale è dispiaciuto. La telecamera che stringe sul volto del ragazzo alla fine di una lunga corsa che lo porta fino al limite della terra, dove inizia il mare, ci porta tutti a simpatizzare con lui, a provare compassione per il suo sguardo perduto, che poi è lo sguardo del bambino che cerca la madre* e Truffaut non lo voleva. 
*Il mare, in francese la mer si pronuncia come la mère, la madre, e con lei aveva parlato di voler vedere il mare, che allora non immaginava come un confine.



Naturalmente, per lui come per tutti noi, il tempo è passato. 
Il regista nel è morto nel 1984, lasciando svariati orfani elettivi in giro. Léaud è di certo uno di loro. La sua carriera è stata piena di ruoli importanti con registi di grande livello. Ha lavorato con Truffaut e Godard, legati alla nascita della Nouvelle Vague francese, ma anche con Pasolini, Bertolucci, Kaurismaki e diversi altri. 
È invecchiato "male", si direbbe, perché capita e non solo a lui, ma per me e per tanti altri, Léaud sarà sempre il ragazzino che vaga lungo le vie di Montmartre,  aspettando con impazienza di diventare grande, e poi, quando diventa grande e, come il ciclo Doinel ci ha mostrato, non sconvolge il mondo come si era riproposto, ma si adegua, come fanno in troppi, ma ai tempi dei 400 colpi, non poteva saperlo.

Joyeux anniversaire cher enfant du cinéma.


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