giovedì 11 giugno 2020

Cormac McCarthy. La strada.

Cormac McCarthy.
The road/La strada.
Edizioni Einaudi.
Traduzione di Martina Testa.
Foto di copertina, Raymond Gehman/ National geographic.

Premio Pulizer 2007.

Adattato per il grande schermo nel 2009. 
Film, The road. 
Regia, John Hillcoat. 
Padre: Viggo Mortensen. 
Figlio: Kodi Smith-McPhee

La mia personale colonna sonora al libro: 
For the love of God. Steve Vai. 


 
"...Il mondo che si riduceva a un nocciolo nudo di entità analizzabili. I nomi delle cose che seguivano lentamente le cose stesse nell'oblio. I colori. I nomi degli uccelli. Le cose da mangiare. E infine i nomi di ciò in cui uno credeva. Più fragili di quanto avesse mai pensato. Quanto di tutto questo era già scomparso? Il sacro idioma privato dei suoi referenti e quindi della sua realtà. Ripiegato su se stesso come un essere che cerca di perseverare il calore. Prima di chiudere gli occhi per sempre". Pag 68.  

Prova a dirlo senza parole, potrebbe essere la sfida di questo strano gioco di società che si svolge appena più in là dei confini del mondo lecito e normale, qualunque cosa significhi normale, in un ambiente ostile, naturale, ma non in senso romantico. Un gioco che, molto volentieri, lasceremmo nelle mani degli altri, di chiunque altro. Qualcosa da leggere e mettere via prima di infilarsi sotto le coperte, o qualcosa da guardare in TV, comodi, annegati fra le braccia del divano, magari con una birra in mano, intenti a goderci la distanza oggettiva che ci separa da ogni sorta di catastrofe irreversibile, di quelle che associamo al nostro limite, in quanto individui, ed ai nostri limiti, in quanto società, insieme di individui sistematicamente organizzati attorno a svariati tipi di follia, con precisi nomi propri. Sono forme di follia abbastanza complesse, ma anche molto semplici, se vogliamo, perché in sintesi estrema, ruotano sempre attorno alle sacre esigenze di bilancio. Persino quelle che si definiscono no profit, al profit ci tengono abbastanza. 
La produttività, la malattia della crescita esponenziale, le borse, lo Spread, la necessità di superare se stessi e gli altri, perennemente in corsa verso una vetta che, ad un certo punto, per forza di cose, dovrà pur costringerci ad una dolente pausa di riflessione, se non proprio alla fine della corsa. 

Non è stata una lettura semplicissima. 
A me è costata fatica, ma sapevo che sarebbe successo prima ancora di acquistarlo. Potrei dire, banalmente, che non è il mio genere, ma merita lo sforzo perché, libri come questo, nel lungo periodo, garantiscono la sopravvivenza del libro ed il bisogno di andarne a cercare altri. 

Lo stile è scarno, essenziale. I personaggi, sono soltanto due, un padre ed un figlio, di cui non sapremo mai il nome, e non ne sentiremo il bisogno perché di loro ci è raccontato l'essenziale. Sono in viaggio verso sud, sulla strada, in cerca di qualcosa che forse non esiste, e che ha a che fare con la speranza di sopravvivenza, quindi non possono fermarsi. Si muovono a piedi, con un carrello della spesa ed una pistola, che è come raccontare gli Stati Uniti d'America in due concetti chiave: I centri commerciali, le armi. Due semplici parole che racchiudono gran parte del discorso economico legato alla crescita, e poi la fine, di cui, presumibilmente, saranno la concausa. 

Pur essendo nel mezzo dell'apocalisse, mancano situazioni avvincenti, in senso filmico, naturalmente. Qualcosa c'è, in realtà, ma è appena accennato. L'autore non si dilunga troppo sui dettagli macabri, ed è una fortuna in termini di economia linguistica. Ho letto qualche commento in giro, ed alcuni lamentano la ripetitività, l'eccessiva semplificazione dei dialoghi fra i due, ma non potrebbe essere altrimenti. 

Ho sentito fra le pagine, la grana spessa, un po' sporca, che è propria dell'idea che ho sempre avuto circa la fine del mondo. Penso a The day after, un film del 1983, che ho visto quando avevo meno di quindici anni. La bomba atomica era esplosa, ed i bunker avevano fatto il loro lavoro, salvando chi ne aveva uno. Mi colpì moltissimo il ritorno sulla terra dei sopravvissuti, perché l'esplosione, alla fine, si era risolta in pochissimo tempo. Il grosso dell'avventura, era tutto il tempo che rimaneva nei polmoni e nella testa di chi a quella esplosione era sopravvissuto. Il titolo, per dire, mi sembrava parecchio emblematico. "Il giorno dopo", solo uno, perché oltre era impossibile andare. Ero piccola, vivevo in un piccolo paese, dove tutto sembra programmato per continuare in eterno, senza eventi, senza drammi, senza niente di eclatante, eppure capivo che una semplice esplosione, avrebbe cancellato tutto l'eterno di quel piccolo posto. 
Questo libro, nella mia testa, è il sequel ideale di quel film. E' quel che segue, e si trova oltre la fine del mondo. Restano avanzi, immondizia, scatolame, abusi del consumo talmente eclatanti da garantire la sopravvivenza alle anime desolate che sono state così sfortunate da sopravvivere, per moltissimo tempo. Questo libro ci lascia orfani, ci pone nella condizione di sentire la mancanza di una forza superiore che ci tuteli, sia essa dio o il padre. Il compito dei figli, è quello di proseguire senza i loro genitori, e così continuano il loro viaggio, con una coperta, una pistola, qualche scatoletta di cibo sopravvissuta ai banchetti del giorno prima, e poi la strada, da affrontare mezz'ora la volta, con una visuale sul futuro ridotta ai minimi termini. 

"...Sapeva solo che il bambino era la sua garanzia. Disse: Se non è lui il verbo di Dio allora Dio non ha mai parlato". Pag 4 (Vedi link a fine pagina) 


Ho acquistato il libro qualche giorno prima che il Covid ci riempisse la testa e l'esistenza tutta, di una serie di limitazioni ed urgenze mondiali, dalle tinte apocalittiche. Ne avevo sentito parlare e riparlare negli anni, avevo visto il film, presto dimenticato, ed alla fine, nonostante la sensazione che non mi sarei trovata comodissima fra queste pagine, ho ceduto alla curiosità. Ora ho un'altra esigenza, ed  è quella di rivedere il film, diretto da Jill Hillcoat, nel 2009.  Viggo Mortensen recita il ruolo del padre, ed ho voglia di rivederlo. 


Link di riferimento:
https://www.raymondgehman.com/  Fotografo per la National Geographic.


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